Una cosa è certa, sia l’Ape social che la quota 41, sono due misure che possono essere centrate solo con un elevato numero di anni di contributi versati. Questo in aggiunta allo spiccato profilo assistenziale delle misure, le rende non fruibili per molti. Diverso il discorso dell’Ape volontaria, che si centra con “solo” 20 anni di contributi versati. La misura però, nonostante le previsioni di avvio, fissate per il 1° maggio, alla pari di Ape sociale e quota 41, non è ancora partita.

Ape volontaria ancora ferma al nastro

Il decreto attuativo sta accumulando maggiore ritardo rispetto alle altre due novità con le quali l’Ape volontaria componeva il pacchetto previdenziale dell’ultima legge di Stabilità.

Saranno le convenzioni da stringere con le banche, oppure le dinamiche che prevedono il prestito bancario sotto forma di pensione anticipata o reddito ponte a partire dai 63 anni, ma fatto sta, che la misura è ancora ai nastri di partenza. Le ultime notizie, parlano di un decreto che è arrivato al Consiglio di Stato e che presto proseguirà l’iter che lo porterà alla Corte dei Conti ed infine alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Voci e indiscrezioni dalle stanze del Governo, pare indichino come la misura al via subito dopo l’estate. Il panorama previdenziale però riserva diverse vie per andare in pensione senza necessariamente aver maturato montanti contributivi ingenti e senza essere soggetti in stato di necessità.

La pensione con 20 anni di contributi

L’Ape sociale, ma anche quota 41 è destinata ad un popolo di soggetti con 30, 36 o 41 anni di contributi. Per l’Ape sociale ne bastano 30 se si è disoccupati, invalidi o caregivers, naturalmente, tutti con ulteriori requisiti da centrare oltre quello contributivo ed anagrafico (63 anni).

Si sale a 36 anni se si vuole centrare l’anticipo pensionistico come soggetti alle prese con attività gravose. Per questi ultimi, ma anche per disoccupati, invalidi e caregivers, se lavoratori precoci, si può centrare lo scivolo con 41 anni di contributi, per l’appunto, con quota 41. La pensione di vecchiaia però, con le norme attuali, si centra a 66 anni e 7 mesi di età, ma con soli 20 anni di contributi versati, ed a qualsiasi titolo.

Per le donne, l’età anagrafica scende a 65 anni e 7 mesi, sempre con i canonici 20 anni di versamenti. Sempre parlando di lavoratrici in gonnella, si può sfruttare il salvacondotto o deroga Fornero con soli 20 anni di contributi. Questo purché i versamenti siano stati completati entro il 31 dicembre 2012 e se a quella data si siano compiuti 60 anni di età. In sostanza, con la deroga Fornero, l’uscita anticipata prevista è a partire dai 64 anni con 20 di contributi, ma solo per le donne.

Deroga Amato: i "quindicenni"

Una particolare possibilità è prevista anche grazie ad una misura poco conosciuta e di cui poco si parla, cioè la deroga Amato. Secondo la misura è possibile andare in pensione con 15 anni di contributi anziché i 20 necessari per l’attuale pensione di vecchiaia.

Questo però a condizione che le 780 settimane di contributi (15 anni), siano stati versati in data antecedente il 1993. Per questa deroga Amato, valgono tutti i contributi versati, anche all’estero o quelli figurativi. Inoltre, la stessa possibilità è concessa a chi prima del 31 dicembre 1992 era stato autorizzato ai versamenti o alla prosecuzione volontaria. Inoltre, per chi non centra i 15 anni prima del 1993, basta avere avuto 10 anni di versamenti non consecutivi, cioè nella cosiddetta discontinuità di carriera.