Con la pubblicazione del decreto sull’aumento dell’età anagrafica e dei contributi utili alle pensioni per via dell’aspettativa di vita, l’inasprimento dei requisiti di accesso è ufficiale. Escludendo l’aumento di età pensionabile per le donne in funzione della pensione di vecchiaia, nel 2018 gli inasprimenti non riguarderà nessuno. Il problema si avrà a partire dal 2019, cioè da quando il decreto appena pubblicato sortirà questi pesanti effetti sulle pensioni. La Legge di Bilancio che presto dovrebbe superare l’ultimo scoglio della Camera, per la sua approvazione definitiva non ha potuto inserire molto a detonare quello che fin dai tempi della riforma Fornero, era un peggioramento dei requisiti per le pensioni, largamente previsto.
Restano solo delle esenzioni da questi 5 mesi in più in termini di requisiti pensionistici offerte a particolari categorie di lavoratori, alle quali poi sono rivolte diverse misure di pensione anticipata.
Lavori gravosi
Dal 2017 nel vocabolario delle pensioni è comparso un nuovo termine che fa riferimento a determinate categorie di lavoranti. I lavori gravosi, che inizialmente contavano su una platea di 11 categorie, adesso diventano 15. Si tratta di:
- maestre di asilo
- facchini
- edili
- gruisti
- operatori ecologici
- addetti all’assistenza invalidi e non autosufficienti
- infermieri ed ostetriche di sale operatorie o sale parto
- camionisti
- macchinisti dei treni
- addetti alle pulizie
- conciatori di pelli
- braccianti agricoli
- siderurgici
- marittimi
- pescatori
A questi lavoratori oltre che l’esenzione dagli aumenti a 67 anni di età o 43,3 di contributi necessari per pensione di vecchiaia e anzianità dal 2019, anche l’anno prossimo può essere erogata l’Ape sociale.
La pensione con almeno 63 anni di età e 36 di contributi erogata su 12 mensilità, non reversibile e non rivalutabile. Un reddito ponte fino al raggiungimento dei 67 anni e 7 mesi canonici per la quiescenza di vecchiaia. Sempre per queste 15 categorie, via libera anche a Quota 41, pensione anticipata scollegata da limiti anagrafici per coloro che dei 41 anni di contributi da centrare, ne hanno uno anche non in continuità di assunzione, versato prima del 19° anno di età.
Requisiti ben precisi quindi ai quali si devono aggiungere vincoli e paletti che anche se di poco, sono stati limati rispetto alle misure fuoriuscite nella manovra finanziaria 2017. I lavori gravosi devono essere svolti in 7 degli ultimi 10 anni (inizialmente erano 6 degli ultimi 7 anni) prima di presentare istanza e sembra che diverranno utili al calcolo anche i contributi figurativi.
Lavori usuranti
Spesso confusi con i precedenti, i lavori usuranti rappresentano una fattispecie di macro categoria di lavoratori alle prese con attività logoranti e molto particolari. In termini di aspettativa di vita ed aumenti dei requisiti, oltre che il blocco agli inasprimenti nel 2019, sembra che queste attività vedranno fermi i requisiti di accesso fino al 2026. La pensione con la misura anticipata per lavori usuranti si centra con 35 anni di contributi e 61,7 anni di età. Il decreto che ne ha instaurato la particolare normativa previdenziale è del 2011 e nello stesso atto vi è l’elenco delle categorie di lavoratori che vi rientrano:
- lavori sotterranei, per esempio, in galleria, nelle cave o in miniera
- lavori nei cassoni ad aria compressa
- palombari
- lavori con esposizione alle alte temperature
- lavoratori del vetro
- lavoratori a contatto con l’amianto
- lavori svolti nel settore navale, oppure in intercapedini, pozzetti e tutti gli spazi ristretti
- conducenti di bus, tram e così via, per trasporto pubblico di 9 o più persone
- lavori delle linee a catena o in quelle di serie
Oltre che anagrafica e contribuzione, molto importante la soglia di accesso di quota 97,6 ed il fatto che le attività devono essere svolte per la metà della vita lavorativa o come per i gravosi, in 7 degli ultimi 10 anni.
La quota 97,6 si centra con le frazioni di anno e la somma algebrica di età anagrafica e versamenti previdenziali. Alla stregua dei lavori usuranti, la stessa pensione con 5 anni di anticipo è appannaggio dei lavoratori notturni che lo stesso decreto del 2011 ha elencato. Vengono considerati lavoratori in attività notturne:
- quelli che hanno svolto lavorato di notte a partire da 78 giorni all’anno
- quelli che hanno lavorato in notturna tra le 72 e le 77 giornate all’anno (quota 98,6)
- quelli che hanno svolto lavoro notturno tra le 64 e le 71 giornate all’anno (quota 99,6)
Al riguardo bisogna sottolineare che le attività notturne sono quelle svolte nell’arco temporale che va dalla mezzanotte alle 5 del mattino. Anche in questo caso tali tipologie di lavoro devono essere state espletate in metà della vita lavorativa o in 7 degli ultimi 10 anni.