Se l'Ape sociale si sta rivelando un mezzo flop a causa dei continui ritardi e rinvii, di cui abbiamo dato conto in un nostro recente articolo, sono in fase di ultimazione i correttivi della legge di Bilancio 2018 sulla RITA, la Rendita integrativa temporanea anticipata, che potrebbe aprire a molti dipendenti privati le porte della pensione anticipata. Ma le ricadute sono differenti a seconda che si tratti di dipendenti di imprese con più o meno di 50 lavoratori dipendenti. Vediamo, quindi, di capire un po' più nel dettaglio, cosa prevede questa misura.

Cosa prevede la legge di Bilancio su Rita

La legge di Bilancio 2018 ha allargato le maglie di questa misura alternativa di accesso alla pensione anticipata. Infatti, potranno usufruire della Rita coloro i quali si troveranno al massimo a 5 anni di distanza dall'età per ottenere la pensione di vecchiaia. Per poter accedere al beneficio, inoltre, è necessario aver maturato almeno 20 anni di contributi. La Rita, poi, sarà accessibile anche a coloro che sono rimasti disoccupati o inoccupati negli ultimi due anni, e che entro 10 anni raggiungeranno i requisiti utili per la pensione di vecchiaia. Comunque, anche per questi rimane fermo il requisito dei 20 anni di contributi versati.

Le differenze tra Ape e Rita

A differenza dell'Ape, sociale o volontaria che sia, che è un vero e proprio prestito erogato da un intermediario finanziario, in genere una banca, e che andrà restituito al maturare dei requisiti della pensione di vecchiaia, la Rita anticipa i contributi versati dai lavoratori, quindi il loro cosiddetto risparmio previdenziale di secondo pilastro.

Si vede, quindi, che rappresenta un vantaggio per i lavoratori che non saranno costretti a restituire alcun prestito.

Col senno di poi, si comprende anche che se una tale misura fosse entrata in vigore dal 2012 avrebbe consentito di risolvere più agevolmente il problema degli esodati costituendo, per loro, una sorta di cuscinetto tra il reddito di lavoro e la vera e propria pensione.

E avrebbe fatto risparmiare allo Stato i denari delle diverse salvaguardie.

Le ulteriori opportunità offerte da Rita

Il meccanismo su cui si basa la Rita, inoltre, permette di cumulare in essa anche gli eventuali accantonamenti che i lavoratori possono aver effettuato in fondi di pensione integrativa. Rendendoli, in questo modo, soggetti maggiormente attivi nella costruzione del proprio reddito futuro da pensione. Va ricordato, poi, che è possibile, in questa fase, usufruire di una deduzione fiscale fino ad un importo massimo di circa 5 mila euro l'anno. Questo consentirà di ottenere un montante pensionistico più elevato e quindi un assegno più alto.

Le differenze a livello di numero di addetti

E qui veniamo alle differenze tra le imprese con un numero di addetti superiore o inferiore ai 50 dipendenti. Nel primo caso, la maggioranza dei lavoratori ha conferito il proprio Tfr in fondi pensione dedicati, trovandosi finora avvantaggiato Le imprese più piccole hanno, invece, avuto maggiori difficoltà da questo punto di vista in quanto il Tfr rappresenta per loro una fonte di liquidità a cui è difficile rinunciare.

Con Rita, però, le parti si invertono. Infatti, nelle piccole aziende il lavoratore ha più facilità nell'ottenere il Tfr di liquidazione che può quindi essere utilizzato per poter andare in pensione prima consolidando la propria posizione previdenziale.

Mentre chi lavora in una grande impresa può conferire al fondo solo il Tfr che ancora deve maturare e non quello, ben più consistente, già maturato. Sopratutto se mancano meno di 5 anni alla pensione di vecchiaia.