Nessuna riforma del sistema previdenziale è stata adottata in Legge di Bilancio. La manovra appena entrata in vigore ha presentato solo alcune piccole novità riguardanti misure già in vigore. Ogni singolo punto della manovra, comprese le misure previdenziali, attendono la loro attivazione ufficiale tramite decreti attuativi. Siamo di fronte a quegli atti che, per esempio, lo scorso anno portarono alla partenza ritardata di quota 41 ed Ape sociale e che non hanno ancora consentito di avviare l’Ape volontario. Alcune variazioni dal punto di vista pensionistico però sono già in vigore, soprattutto per i due pilastri della previdenza sociale nostrana, la pensione di vecchiaia e quella anticipata.

Decreti e campagna elettorale

Gli ottimisti tendono a pensare che i decreti attuativi delle novità contenute nel pacchetto pensionistico della Legge di Bilancio usciranno per febbraio. Se lo scorso anno si perse molto tempo a varare i decreti attuativi di Ape sociale e quota 41, immaginare qualcosa di diverso per le novità 2018 appare però esercizio azzardato. Siamo nel bel mezzo della campagna elettorale per le nuove politiche e questo gioco forza potrebbe rappresentare un ostacolo a quanto è chiamato a fare il Governo. Dalla Uil, con le parole del segretario Proietti, spronano il Governo a velocizzare le operazioni per evitare di far pagare il peso dei ritardi ai lavoratori che attendono il via delle misure per sfruttarle.

L’argomento interessa le 4 attività di lavoro gravoso che consentirebbero, oltre ad evitare l’aumento di età pensionabile dal 2019, anche l’ingresso nella platea di beneficiari di Ape sociale e quota 41. Si tratta di addetti ali lavori marittimi, alla pesca, alle attività siderurgiche ed all’agricoltura. Necessario un intervento rapido soprattutto in considerazione che le domande per i precoci e l’Ape agevolata scadono il 31 marzo.

C’è da regolarizzare anche lo sconto offerto alle donne con prole proprio in relazione a queste misure e nell’ordine di 6 mesi per figlio avuto. In definitiva, novità già predisposte ma ancora ferme ai decreti che va ricordato, come prassi devono essere emanati entro 60 giorni dall’entrata in vigore della finanziaria.

Donne e pensione di vecchiaia ma non solo

Un dato certo è che la pensione di vecchiaia e quella sociale vengono inasprite a partire da gennaio. Nessun decreto attuativo serve da questo punto di vista perché sono misure strutturali i cui aumenti di requisiti erano già previsti. Dal 1° gennaio le lavoratrici che sono prossime alla pensione di vecchiaia, quella per la quale sono necessari 20 anni di contributi versati, la centreranno a 66 anni e 7 mesi. Un anno in più di età rispetto a quante sono riuscite ad andare in pensione nel 2017. L’equiparazione di età tra uomini e donne, iniziata con le lavoratrici statali anni fa, completa il suo percorso e si estende alla generalità delle lavoratrici.

Anche l’assegno sociale, quella misura rivolta a soggetti sprovvisti di anzianità contributiva utile alle altre forme di pensione, sale di un anno esatto, arrivando anch’essa a 66 anni e 7 mesi di età. Un primo assaggio di quello che succederà nel 2019, quando è stato già previsto l’aumento dei requisiti di accesso per tutti e per tutte le forme di pensione più importanti. Per la pensione di vecchiaia si salirà a 67 anni di età, sempre con 20 anni di contributi versati. Per la pensione anticipata invece, si sale a 43 anni e 3 mesi se uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Aumento anche in questo caso di 5 mesi rispetto ai requisiti che servono fino al prossimo 31 dicembre per questa misura che resterà scollegata da qualsiasi vincolo anagrafico.

Sugli aumenti del 2019 sono esentati tutti i lavoratori che rientrano nelle 15 attività gravose di cui parlavamo prima, cioè le 11 dello scorso anno e le 4 di nuova istituzione. Un blocco dell’età pensionabile che però attende il decreto che ratificherà l’estensione delle attività gravose a 15 categorie anche sotto l’aspetto di questa salvaguardia.