La naspi è l’indennità per disoccupati attualmente in vigore. Un sussidio che viene erogato a coloro che perdono involontariamente il lavoro e che hanno determinati requisiti. la Naspi da quando il Governo Renzi la istituì rappresenta l’unica indennità attualmente in vigore per la generalità dei lavoratori ed ha sostituito tutti gli altri indennizzi vigenti negli anni precedenti, cioè Aspi, Mini Aspi, Ordinaria o requisiti ridotti. Resta in vigore anche la Dis.Coll, misura simile alla Naspi anche se più corta come durata massima ma che viene concessa solo a disoccupati che provengono da contratti precari come i collaboratori.

Proprio sulla natura di involontarietà della perdita di lavoro l’Inps con il messaggio 369 di fine gennaio 2018 ha chiarito alcuni aspetti della Naspi. Oltre al messaggio l’Inps ha emanato una circolare con la quale fissa gli importi minimi di indennità erogabile a partire dallo scorso 1° gennaio.

Quando le dimissioni sono ammesse

La perdita di lavoro per dare diritto alla Naspi deve essere involontaria, cioè il soggetto che ha perduto il proprio lavoro deve essere stato licenziato per qualsiasi motivo dal proprio datore di lavoro. Autorizzati a percepire eventualmente la Naspi anche coloro che hanno perso l’occupazione per scadenza del proprio contratto di lavoro. Il messaggio dello scorso 26 gennaio fornisce chiarimenti riguardanti le dimissioni, da sempre fattore che non consente di percepire le indennità per disoccupati Inps proprio perché decade l’elemento di involontarietà necessario.

In pratica chi lascia autonomamente il proprio lavoro non può presentare la domanda di Naspi. Questo vincolo però viene superato con l’istituto delle dimissioni per giusta causa.

L’Inps nella sua comunicazione mette la lente di ingrandimento sul caso di lavoratori hanno risolto consensualmente con il proprio datore il loro rapporto di lavoro perché non hanno accettato il trasferimento di sede lavorativa a più di 50 Km da casa.

In questo caso trattasi di risoluzione giustificata e pertanto si può percepire comunque la Naspi. Lo stesso vale per le dimissioni secche di un lavoratore quando per esempio, non percepisce lo stipendio. Tutte circostanze queste che hanno visto confermare la loro bontà ai fini della corresponsione della Naspi anche da recenti sentenze della Cassazione.

Le dimissioni per giustificato motivo o le risoluzioni consensuali per evidenti variazioni di mansioni o di luogo di lavoro devono essere presentate tramite l’ex Ispettorato del Lavoro che deve apporre visto di giustifica.

L’Istat ed il costo della vita

Come per ogni prestazione, stipendio o pensione l’inflazione che l’Istat certifica annualmente in previsione per l’anno successivo ha corretto anche se di poso gli importi massimi erogabili per molte prestazioni Inps, compresa la Naspi. Con la circolare n° 19 del 31 gennaio scorso l’Istituto ha fissato in 1.314,30 euro il limite massimo di Naspi erogabile. Allo stesso tempo la retribuzione fissa su cui calcolare la Naspi spettante a ciascun richiedente è pari a 1.208,15 euro.

Resta confermato anche per il 2018 tutto l’apparato normativo dell’indennità, con la durata massima pari alla metà delle settimane lavorate nel quadriennio precedente quello in cui si presenta istanza. Anche gli importi vanno commisurati alle retribuzioni del quadriennio di osservazione. Inoltre da quarto mese di fruizione dell’assegno Naspi, lo stesso si riduce del 3% al mese e progressivamente.