Il capitolo riforma Pensioni continua ad animare il dibattito elettorale in vista delle elezioni politiche del 4 marzo prossimo, quando gli italiani saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento che dovrà successivamente accordare la fiducia al nuovo Governo una volta individuato il presidente del Consiglio visto che, in Italia, non è prevista la sua elezione diretta. E’ la legge Fornero che continua ad agitare le acque. C’è chi promette di abolirla o rivisitarla, come il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio e la coalizione di centrodestra rappresentata da Matteo Salvini (Lega), Silvio Berlusconi (Forza Italia), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), Raffaele Fitto e Lorenzo Cesa (Noi con l’Italia-Udc).

Pensioni, i dati del Mef sull’eventuale abolizione della Fornero

C’è chi invece promette di non modificare la riforma pensioni varata nel 2011 dal Governo Monti sostenuto in Parlamento da una maggioranza di larghe intese, come il Partito democratico di Matteo Renzi che guida la coalizione di centrosinistra della quale fa parte anche +Europa di Emma Bonino che, in più occasioni, in questi giorni, ha ribadito il suo no all’abolizione. E a proposito di legge Fornero qualche numero è stato dato oggi dal viceministro dell’Economia e delle Finanze Enrico Morando (Pd). Da ora al 2050, dunque fra trent’anni circa, "azzerare la riforma Fornero e tornare alla legislazione previgente – ha detto l’esponente del Governo Gentiloni intervenendo oggi a Montecitorio alla presentazione del rapporto 'Itinerari previdenziali' - significa dover trovare approssimativamente 320 miliardi di euro, come dice – ha puntualizzato secondo quanto riporta l’Ansa - la Ragioneria".

Morando: abolire la riforma Fornero costa 320 miliardi in 30 anni

I numeri citati dal viceministro sono quelli contenuti nell’ultima nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze. A conti fatti, quindi, l’abrogazione della legge Fornero costerebbe grosso modo dieci miliardi di euro all’anno. Troppi secondo il governo che, infatti, in questi anni, non modificato di una virgola l’attuale normativa previdenziale nemmeno per quel che concerne l’automatismo che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile per adeguarla alle aspettative di vita rilevate dall’Istat. Lo stop all’aumento dell’età pensionabile – che sarà a 67 anni a partire dal 2019 – è stato concesso solo per i lavoratori impegnati in quindici categorie di lavoro ritenute gravose e usuranti.