Da qualche giorno nelle tasche di molti lavoratori del comparto Scuola sono arrivati i tanto attesi arretrati di stipendio per gli anni 2016-2017 e per la prima parte del 2018. Si tratta, come chiarisce NoiPa sul suo portale ufficiale, degli effetti dell’applicazione dei provvedimenti di concertazione e degli accordi tra Governo e sindacati fuoriusciti dalla piattaforma di rinnovo contrattuale. Dopo un decennio di blocco e dopo una famosa sentenza della Corte Costituzionale del 2015, i dipendenti pubblici e quindi anche quelli della scuola hanno un nuovo contratto con nuovi e più alti stipendi.
Il nuovo CCNL è triennale e andrà in scadenza il 31 dicembre prossimo e qualcuno, come il sindacato Anief, mette in guardia i lavoratori su ipotetici tagli di stipendio nel 2019. Come riporta un comunicato ufficiale Anief, parte di quanto guadagnato in più dai lavoratori dopo questo rinnovo, potrebbe venire meno nel 2019.
Arretrati ok, adesso gli aumenti
Come dicevamo, dal 28 maggio sono stati resi esigibili ai lavoratori del comparto, quindi maestri, professori, docenti e tutto il personale Ata gli arretrati una tantum previsti dal rinnovo. Solo i supplenti saltuari, quelli che non hanno completato l’anno scolastico, non hanno ancora percepito gli arretrati, che probabilmente saranno erogati in date successive ancora non ufficializzate.
Adesso si tratta di percepire i nuovi stipendi, quelli adeguati alle nuove tabelle. Su un altro sito che riguarda le problematiche della scuola, cioè “tecnicadellascuola”, con un articolo del 30 maggio si sposta l’attenzione proprio sui nuovi stipendi in arrivo col cedolino di giugno. Per il personale Ata e per gli insegnanti, si tratterà di aumenti che come gli arretrati, varieranno in base all’anzianità di servizio.
Nel dettaglio, tanto per fare un esempio, gli Ata percepiranno :
- da 0 a 8 anni di servizio aumento lordo di 80,40 euro
- da 9 a 14 anni aumento lordo di 82,40 euro
- da 15 a 20 € 83,40
- da 21 a 27 € 85,40
- da 28 a 34 € 86,40
- oltre 35 anni di servizio € 88,40
Per i docenti cifre leggermente maggiori a partire da maestri delle elementari e degli asili che vanno da € 85,50 per quelli con anzianità minima, ad € 97,70 per i prossimi alla pensione.
Beffa 2019
L’esempio degli Ata o dei maestri di infanzia e primaria è quello più indicato per la problematica che viene ipotizzata per il 2019. In assenza di ritocchi normativi che con lo stallo del Governo di cui tanto si parla, oggi appaiono improbabili, in assenza dell’ennesimo e stavolta celere, rinnovo contrattuale e dell’ennesima piattaforma che si aprirà dopo il 2018, gli stipendi nel 2019 potrebbero ridursi. Sarebbe la prima volta che lo stipendio dei lavoratori pubblici scenderebbe da un contratto all’altro. L’ennesima beffa motivata da un evidente problema tecnico presente nel contratto. Per far si che la promessa di aumento da 85 euro a lavoratore fosse mantenuta dopo aver fatto capolino nella prima bozza di accordo tra Governo e parti sociali di fine 2015, ai lavoratori delle fasce retributive più basse dell’intero comparto, cioè Ata e insegnanti di primaria e infanzia, venne inserito l’elemento perequativo.
Una dotazione extra a lavoratori con stipendi più bassi per permettere agli stessi di arrivare a percepire aumenti più dignitosi di quelli che sarebbero scaturiti in base ai loro stipendi.
È evidente che più basso è lo stipendio, tanto più alto è l’elemento perequativo concesso, che per esempio, ad un bidello con una anzianità pari o inferiore ad 8 anni è di € 29. Questa perequazione scade a dicembre prossimo e pertanto, dal 1° gennaio 2019, lo stesso bidello percepirà uno stipendio tagliato di 29 euro al mese. Se a questo si aggiunge che viste le precarie risorse finanziarie dello Stato fuoriuscite dall’ultimo Def, l’ipotesi di taglio del bonus da 80 euro al mese per le fasce più basse è assai probabile, la perdita economica per questi lavoratori sarebbe ingente, con stipendi che arriverebbero ad essere inferiori a quelli percepiti prima del rinnovo appena passato a regime.