Continuano a far discutere le Pensioni con decorrenza dal 1° settembre 2018 dei dipendenti della Scuola a causa del metodo di calcolo dei contributi, ragione per la quale molti docenti e impiegati Ata rischiano di dover rimandare l'uscita di un anno. Infatti, il passaggio all'Inps della lavorazione delle pratiche di pensione pone il problema di come debba essere considerata la carriera lavorativa nella scuola, con la sostituzione del calcolo dei contributivi da anni di servizio ad anni suddivisi in settimane di impiego e relative difficoltà nella ricostruzione delle carriere.

I numeri sono noti: oltre 33 mila docenti e dipendenti amministrativi, tecnici ed ausiliari sono in attesa di uscita da lavoro dopo aver presentato la domanda di cessazione dal servizio entro la scadenza del 20 dicembre 2017. La successiva domanda di pensione indirizzata all'Inps, però, è incappata in procedure burocratiche che, ad oggi, non hanno permesso di dare una risposta definitiva sul pensionamento, a poco più di un mese e mezzo dall'effettiva decorrenza della pensione.

Pensione dei docenti e Ata 2018: il metodo di calcolo contributi Inps

Il rischio è quello di vedersi rimandare la pensione anche di un anno e, pertanto, di dover slittare l'uscita da lavoro da settembre 2018 allo stesso mese del 2019.

Da quanto si può leggere sul quotidiano Il Messaggero, il nodo burocratico è rappresentato dal meccanismo di calcolo dei contributi dell'Inps, diverso rispetto a quello praticato fino allo scorso anno dalle segreterie scolastiche provinciali. Infatti, l'Istituto di previdenza calcola i contributi considerando l'anno commerciale, suddiviso dunque in 52 settimane, mentre finora si era proceduto al montante contributivo considerando gli anni di effettivo servizio nella scuola. La differenza è evidente: in una carriera lavorativa prestata nella scuola, e dunque sui quarant'anni di media di lavoro, il calcolo sull'anno commerciale comporta la perdita di cinque giorni lavorativi all'anno che, moltiplicati per gli anni di servizio, diventano 200 giorni.

In altre parole, si perderebbe un anno di servizio che non verrebbe conteggiato nel montante contributivo dei docenti e Ata in uscita, con ripercussioni negativi sia per la decorrenza della pensione che per l'importo dell'assegno.

Rischio uscita pensioni scuola: situazione di stallo anche per le assunzioni

Sulle pensioni dei docenti e del personale Ata della scuola è intervenuto a Radio24 anche il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti: "Lo scorso anno siamo riusciti a risolvere il problema delle pensioni nella scuola e speriamo di riuscirci anche quest'anno, anche se il numero dei docenti e Ata che andranno in pensione nel 2018 è di molto maggiore rispetto a quello del 2017. La maggiore difficoltà è nelle regole di pensionamento dell'Inps che non sono le stesse seguite dagli uffici scolastici provinciali".

In molti casi, infatti, questi ultimi riuscivano a ricostruire le carriere di servizio dei dipendenti della scuola, anche le più complicate. In ogni modo, il ministro dell'Istruzione assicura che già nelle scorse settimane i vertici dell'Inps ed il Presidente Boeri si sono attivati per risolvere il problema del pensionamento del personale della scuola. Il rischio è quello che i docenti che pensavano di aver maturato il numero di anni sufficiente per la pensione, debbano lasciare il lavoro con un anno in più di servizio, nel 2019. Con pesanti ricadute non solo sulle uscite lavorative della scuola, ma anche sul turnover dei docenti: in questa situazione di stallo, in tanti che sperano nel posto fisso adesso temono che la cattedra di ruolo si allontani.