Continuano a far discutere le Pensioni del personale della Scuola per i particolari tempi di uscita e i meccanismi di calcolo dei contributi rispetto agli altri trattamenti pensionistici. Secondo quanto riporta Italia Oggi, infatti, per 33 mila contribuenti, tra docenti e impiegati amministrativi, tecnici e ausiliari (Ata) in servizio nell'anno scolastico 2017/2018, l'uscita al 1° settembre 2018 non risulterebbe, ad oggi, confermata dall'Inps. In altre parole, il personale Ata e i docenti ancora non sanno se potranno andare in pensione il 1° settembre 2018.

Eppure hanno seguito la procedura prevista per l'uscita, ovvero hanno presentato domanda di cessazione dal servizio entro il 20 dicembre 2017, nonché la successiva domanda all'Inps.

Pensioni anticipate e vecchiaia scuola al 1° settembre 2018: procedimento di uscita

Negli anni scorsi, invece, i dipendenti della scuola, a fine anno scolastico, avevano già la propria posizione previdenziale definita ed erano in attesa di andare in pensione. Tanto più che gli uffici scolastici territoriali avevano già dato comunicazione ufficiale ai futuri pensionati della data di decorrenza della pensione, ovvero il successivo 1° settembre. Secondo quanto risulta al quotidiano economico, invece, le uscite della scuola al prossimo settembre starebbero registrando un forte ritardo dovuto, essenzialmente, alle difficoltà dell'Inps di accertare le posizioni contributive dei docenti e del personale Ata antecedenti al 1° gennaio 2012.

A partire da questa data, infatti, i contributi versati all'Inpdap confluirono nella gestione dell'Inps. Inoltre vi sarebbero difficoltà da parte degli uffici scolastici nell'applicazione delle nuove disposizioni riguardanti l'accertamento del diritto di pensione del personale della scuola. Tale diritto, insieme al calcolo del futuro assegno di pensione spetta, secondo le nuove disposizioni, all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale in maniera esclusiva.

Pensioni docenti e personale scuola: uscita settembre 2018

Secondo quanto scrive Italia Oggi, la situazione sta generando una certa preoccupazione tra i docenti e gli impiegati della scuola in merito alla prospettiva di rinviare di un anno l'uscita per la pensione anticipata o di vecchiaia. Quel che potrebbe apparire paradossale sarebbe la prospettiva di rimandare l'accesso alla pensione spettante al 1° settembre 2018 per il solo fatto di non riuscire a dimostrare, anche per un solo giorno di contribuzione, l'accumulo dei versamenti utili all'uscita con pensione anticipata al 31 dicembre 2018.

Quest'utlima si ottiene al raggiungimento dei 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e dei 41,10 per le docenti e le impiegate della scuola. In ogni modo, proprio nella giornata di oggi è prevista la possibilità per le scuole di poter consultare le situazioni contributive trasmesse dall'Inps a partire dal 22 giugno. Si accerteranno, in pratica, quanti e quali sono le posizioni dei docenti e degli Ata che potranno considerarsi definite e con il diritto di pensione riconosciuto.

Pensione anticipata, vecchiaia e coefficienti di trasformazione: scuola penalizzata

Il disagio per le pensioni dei docenti e del personale della scuola (in tutto, 25.246 docenti e 7.936 Ata in uscita) potrebbe aumentare per effetto degli aumenti di contributi e di età previsti dal 1° gennaio 2019 per la pensione anticipata e per quella di vecchiaia.

Infatti, in applicazione del meccanismo della Legge Fornero che aumentarà l'uscita della vecchiaia a 67 anni per tutti e la pensione anticipata ad oltre 43 anni di versamenti (le docenti e le impiegate Ata manterranno l'anno di sconto rispetto agli uomini), il personale della scuola potrebbe ritrovarsi a subire ulteriori rimandi. Tanto più che l'età di uscita risulta decisiva per stabilire l'assegno di pensione futuro: dal prossimo 1° gennaio entreranno in vigore i coefficienti di trasformazione del triennio 2019-2021, parametri necessari per il calcolo dell'assegno rispetto al montante contributivo accumulato. Nelle ultime settimane sono stati condotti degli studi sui coefficienti di trasformazione che hanno certificato il ribasso degli stessi e la perdita dell'1 per cento dell'assegno mensile per la durata di tutta la vita pensionistica.