Nelle ultime settimane si fa sempre di più un gran parlare di quota 100 e di superamento della riforma Fornero. L’avvicinarsi della legge di Bilancio, che da metà ottobre dovrebbe iniziare il suo iter parlamentare, ha aumentato a dismisura proposte, discussioni e indiscrezioni sulla misura che dovrebbe cominciare a smontare la riforma Fornero come i due vice premier Salvini e Di Maio continuano a ripetere. Per come si ipotizza che sia varata la quota 100, molti lavoratori non trarranno grandi benefici da questa novità previdenziale e molti di questi sono proprio i lavoratori che più chiedevano correttivi alle attuali norme.
Parliamo di chi ha un lavoro precario, discontinuo e saltuario, dei precoci e delle donne lavoratrici che devono dedicare parte del loro tempo anche alla cura della famiglia. Perché quota 100 sembra calzare poco a queste particolari categorie di soggetti? Vediamo alcune problematiche della misura ipotizzata e come queste categorie di lavoratori possono anticipare la pensione a prescindere da quota 100, cioè con le attuali norme.
Troppi contributi necessari ed età anagrafica elevata
Anche con la quota 100 a 62 anni di età come la vorrebbe Salvini, i lavoratori precoci, che hanno iniziato a lavorare presto ed hanno anche 40 anni di contributi versati, sarebbero esclusi dall’anticipo. Soggetti con 40 anni di contributi e 58/60 anni di età, almeno per il momento (secondo Salvini la quota 100 si libererà per tutti nei prossimi anni), non avendo l’età minima stabilita (62 anni), non potranno sfruttare la quota 100.
A questi non resterà che attendere di arrivare ai 43 anni e 3 mesi di contributi versati previsti dalla pensione anticipata dal prossimo 1° gennaio. Per le donne la anticipata si centra con un anno di versamenti in meno, cioè a 42 anni e 3 mesi, ma per le lavoratrici che spesso sacrificano lavoro e carriera per la famiglia, racimolare molti anni di contributi è raro.
Ecco perché la quota 100, che per una sessantaduenne necessita di 38 anni di carriera, diventa difficilmente centrabile. Lo stesso vale per i precari o per chi ha tipologie di lavoro e carriere discontinue e continuamente interrotte. Chiedere a questi soggetti (donne e precari), periodi di contribuzione elevati per accedere alla pensione anticipata significa di fatto estrometterli dalla misura.
Le strade per anticipare l’uscita già ci sono
Così chi ha pochi contributi versati si adopera alla ricerca di una soluzione per evitare di dover attendere i 67 anni di età previsti dalla normativa in vigore dal prossimo 1° gennaio per la pensione di vecchiaia. Infatti dal prossimo gennaio, chi ha almeno 20 anni di contributi versati e almeno 67 anni di età potrà accedere alla pensione di vecchiaia. Esistono vie di uscita anche per chi non ha 20 anni di contributi. In aiuto a questi soggetti vengono la deroga Amato e l’opzione Dini, due scorciatoie lasciate vive dalla legge Fornero. Per la deroga Amato servono 15 anni di contribuiti versati prima del 1993. In alternativa, basta essere stati autorizzati ai versamenti volontari sempre prima del 1° gennaio 1993 o avere 25 anni di anzianità di lavoro, dei quali 10 anni non completi, cioè sotto le 52 settimane di contributi.
Chi ha 15 anni di contributi, dei quali almeno uno prima e cinque dopo il 1996, potrebbe rientrare nell’opzione Dini. Sia la deroga Amato che questa opzione Dini però seguono l’età pensionabile stabilita dalla Fornero che come dicevamo, per via del meccanismo dell’aspettativa di vita, dal prossimo 1° gennaio salirà a 67 anni. Inoltre va ricordato che il nostro sistema prevede la “cristallizzazione dei requisiti”, pertanto chi ha raggiunto i 57 anni di età prima della fine del 2017 o i 60 anni di età prima del 2012, potrà beneficiare delle regole antecedenti la riforma Fornero.