Ormai appare certo che sarà quota 100 la novità previdenziale che il governo Conte varerà nella prossima legge di Bilancio. La nota di aggiornamento del Def ha rafforzato le possibilità che la misura faccia davvero capolino nel nostro ordinamento previdenziale l’anno venturo. Ma come nascerà, cioè con quali requisiti di accesso, con quali penalizzazioni e con quali combinazioni possibili resta ancora una partita aperta. La legge di Bilancio sarà il contenitore dove verrà inserita questa misura e solo allora si potrà davvero capire come sarà il meccanismo.

Nelle ultime ore trapelano nuove ed importanti indiscrezioni sulla piega che sta prendendo il lavoro riguardante la misura. Ecco le ultime novità che oltre a quota 100 interessano anche le pensioni di vecchiaia e anticipate già vigenti.

Quota 100 all’insegna della flessibilità

Il quotidiano “Il Corriere della Sera” con un recente articolo ha approfondito l’analisi su cosa bisognerà aspettarsi da questa novità pensionistica. Una misura che se le indiscrezioni verranno confermate, sarà davvero votata alla flessibilità in uscita che tanto è richiesta da lavoratori che cercano di andare in pensione. Secondo quando riporta il quotidiano parlare di quota 100 in senso stretto appare difficile. Se per l’età minima di accesso alla misura tutto sembra ormai vertere sui 62 anni di età minima, nelle ultime ore i contributi minimi utili a centrare la quota 100 sembra che saranno fissati a 38 anni.

In pratica, che si abbiano 62 anni, piuttosto che 63 o 64, i soggetti che vorrebbero utilizzare la nuova misura per lasciare il lavoro prima, dovranno raggruppare ben 38 anni di contributi previdenziali. Per questi pertanto, si andrebbe in pensione a quota 101, 102, 103 e così via. Niente da fare per le combinazioni 64+36, 63+37 perché il costo della misura salirebbe oltre gli 8 miliardi che l’esecutivo conta di stanziare per coprire la misura dal punto di vista finanziario.

Niente penalizzazioni

Un evidente taglio di platea di potenziali aventi diritto ed una misura che apparecchiata così resta difficile da centrare. La conferma arriva sempre dalle ipotesi che trapelano e che sottolineano come il governo sembra stia pensando a rendere la quota 100 pulita dal punto di vista dei tagli. Se predisposta con il pesante vincolo dei 38 anni di contributi, il governo sembra stia pensando a cancellare le ipotesi di ricalcolo contributivo della pensione per i contributi versati dal 1995 o alla penalizzazione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età che sono la soglia 2019 per la pensione di vecchiaia.

Tra l’altro, sempre dalle voci più o meno attendibili, sembra che si ipotizzi anche di fermare immediatamente il tanto odiato meccanismo dell’aspettativa di vita. Cosa già risaputa infatti è che dal 2019 ci sarà la pensione di vecchiaia a 67 anni e la pensione anticipata a 43 anni e 3 mesi di contributi (per le donne un anno in meno). Questo per l’effetto dei 5 mesi di aumento dei requisiti previsti proprio dall’adeguamento delle prestazioni pensionistiche all’aspettativa di vita. L’esecutivo sembra stia valutando di congelare l’aumento, riportando anche nel 2019 le soglie per i due pilastri del sistema previdenziale a quelle valide fino al 31 dicembre 2018. In pratica, si resterebbe alla pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi sia per uomini che per donne e alla pensione di anzianità con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.