Sul capitolo Pensioni il nuovo governo, probabilmente a guida Giorgia Meloni, avrà due mesi di tempo per la riforma e per evitare che le uscite da lavoro siano dettate dalle sole regole della legge Fornero. Tra le questioni che dovrà risolvere dopo l'insediamento e la fiducia del Parlamento, la leader di Fratelli d'Italia dovrà vedersela con il caro-prezzi che determinerà gli aumenti degli assegni pensionistici a decorrere dal 1° gennaio 2023.

In più tre misure di pensione anticipata, che hanno rappresentato in questi ultimi anni una deroga alla riforma Fornero, sono in scadenza al 31 dicembre 2022: opzione donna, Ape social e quota 102, infatti, sono in regime di sperimentazione e dovranno essere confermate dalla legge di Bilancio 2023 per rappresentare ancora un'alternativa alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età e alla pensione anticipata con circa 43 anni di contributi. Infine, Matteo Salvini spinge per la possibilità di pensione con quota 41 e Silvio Berlusconi ha promesso di ritoccare le pensioni minime facendole arrivare a 1.000 euro.

Pensioni anticipate uscita quota 41, ci sono possibilità di attuazione nel 2023?

La spesa totale per la riforma delle pensioni includendo quota 41 e l'aumento delle pensioni all'indice di inflazione, è presente sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef): 30 miliardi di euro, considerando le nuove pensioni programmate per il prossimo anno, l'adeguamento dei mensili all'inflazione e la quota 41, che da sola assorbe circa 4 miliardi di euro per il 2023, più 10 miliardi a regime. Peraltro, per l'uscita con 41 anni di contributivi a prescindere dall'età del pensionamento, Matteo Salvini e i sindacati sostengono che per la misura occorrerebbero non più di 1,3-1,4 miliardi di euro a fronte di una platea di potenziali neo-pensionati che avrebbe la possibilità di scelta se continuare a lavorare oppure agganciare la possibilità di uscita.

Dati alla mano, sui circa 17mila prepensionamenti previsti per il 2022 con quota 102, appena 10mila lavoratori sono andati in pensione con la misura sperimentale ancora in vigore fino al 31 dicembre prossimo. Le stesse previsioni di platea potenziale ed effettive uscite previdenziali si è verificata con la sperimentazione triennale di quota 100: su circa 1 milioni di nuove pensioni con il sistema delle quote, molto meno della meta di chi aveva 62 anni e 38 di contributi ha accettato il prepensionamento.

Aumenti pensioni 2023, importi da adeguare all'inflazione: ecco le stime

Le previsioni meno pessimistiche riguardo la riforma delle pensioni del 2023 indicano una spesa previdenziale effettiva, considerando il flusso di spesa assorbito nel quadro tendenziale, che non dovrebbe superare i 12-15 miliardi di euro.

La stima rientra in un tendenziale aumento della spesa pensionistica che porterebbe ad aumentare marginalmente le uscite di bilancio a 52,4 miliardi di euro stimati entro il 2025. E sui conti pubblici starebbero ponendo l'attenzione i tecnici della Ragioneria generale dello Stato che hanno sottolineato quanto l'inflazione del biennio 2023-2024 potrebbero pesare in più, circa l'1,2% della spesa pubblica, a causa del conseguente adeguamento degli importi delle pensioni. Stime che porterebbero, in totale, la spesa pensionistica statale al 16,4% in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil).

Pensioni minime a 1.000 euro al mese e quota 41, ecco le possibilità di uscita nel 2023

Infine, sempre in tema di pensioni, la riforma dei partiti del centrodestra potrebbe far incrementare ulteriormente l'asticella della spesa calcolata dal ministero dell'Economia e delle Finanze se davvero venisse attuato l'aumento delle pensioni minime a 1.000 a prescindere dalla rivalutazione all'inflazione, come promesso in campagna elettorale da Silvio Berlusconi.

Oltre alle nuove uscite con quota 41, dunque, anche i già pensionati avrebbero un peso determinante nella spesa pubblica previdenziale. Senza considerare che, anche in assenza di riforme per contrastare la riforma Fornero, i nuovi pensionati del 2023 dovrebbero salire di 7,9 punti percentuali rispetto al 2022: si tratterebbe dei soli lavoratori che andrebbero in pensione con i due consueti canali di uscita della pensione di vecchiaia e di quella anticipata.