Si riapre la partita delle Pensioni e dei cambiamenti invocati dai partiti che hanno vinto le elezioni per superare la riforma Fornero già con la legge di Bilancio 2023. Senza interventi migliorativi, a decorrere dal 1° gennaio 2023, i lavoratori avranno solo due canali di uscita per andare in pensione: quello della vecchiaia, con uscita confermata fino al 2024 all'età di 67 anni unitamente a 20 anni di contributi; e quello della pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi, confermato fino a tutto il 2026. Le altre opzioni di uscita sono da confermare per l'anno prossimo: da opzione donna all'Ape sociale, passando per i vari scivoli, tutte le ipotesi di riforma delle pensioni dovranno passare per la verifica del peso dei conti pubblici.

Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini hanno fatto varie promesse in campagna elettorale: su tutte, ma le proposte sono tante, l'abolizione del meccanismo automatico dell'età della pensione alla speranza di vita (Fratelli d'Italia), la pensione minima a 1.000 euro (Forza Italia) e la quota 41 per tutti della Lega.

Pensioni anticipata quota 41 per tutti, le ipotesi di riforma di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi

Pensioni anticipate con i contributi di quasi 43 anni e pensione di vecchiaia a 67 anni rimarranno in vigore, ma per i leader dei tre partiti, in particolare per Matteo Salvini, è necessario assicurare un canale di uscita anticipata a quei lavoratori impiegati da troppi decenni sul mondo del lavoro.

Quella della quota 41 per tutti, senza i vincoli dell'Ape sociale e dell'anno di contributi versato prima dei 19 anni di età, è la proposta che andrebbe a sostituire anche la quota 102, in scadenza di sperimentazione al 31 dicembre 2022. Anche per questa ipotesi di riforma, la maggioranza che andrà al governo dovrà tener conto dei costi sul bilancio pubblico.

Sul piano della flessibilità, la Lega propone anche l'uscita di vecchiaia ad "almeno 63 anni di età e 20 anni di contributi", canale che sarebbe in linea con quanto richiesto dai sindacati e da Tito Boeri sul piano della volontà dei lavoratori di lasciare il lavoro quando desiderino. Sulla flessibilità in uscita, Berlusconi in campagna elettorale aveva parlato di un'età minima di 62 anni.

A tal proposito, e anche in vista di un superamento del Reddito di cittadinanza, Giorgia Meloni propone come indennità di accompagnamento alla pensione per chi non può lavorare, un anticipo della pensione sociale a 60 anni di età per chi si trovi in particolari situazioni di disagio, eventualmente ricavabili da alcune elencate tra i requisiti dell'Ape sociale.

Pensioni con opzione donna anche agli uomini nel 2023: uscita anticipata fino a 8 anni

Una delle ipotesi che maggiormente potrebbe avere successo in tema di riforma delle pensioni è quella dell'opzione donna allargata agli uomini. Attualmente la misura, da confermare per il 2023 anche per le donne, prevede l'uscita anticipata fino a otto anni rispetto alla pensione di vecchiaia.

L'allargamento ai lavoratori contemplerebbe, come per le donne, il ricalcolo dei versamenti effettuati durante la vita lavorativa con il solo metodo contributivo. In questo caso, gli uomini dovrebbero mettersi a fare due calcoli per stimare il taglio della pensione, sia perché molti provengono dal meccanismo "misto" che in parte contiene il più vantaggioso metodo contributivo, sia perché l'uscita a 59 o a 60 anni determinerebbe un minore montante contributivo e un coefficiente di trasformazione più basso. Considerando tutti i fattori in gioco, per le donne la riduzione dell'assegno di pensione si attesta tra il 20 e il 30%, ciò che potrebbe avvenire anche per gli uomini. Tra gli agganci alle pensioni anticipate, quelle con maggiore convenienza continuerebbero a essere gli scivoli rappresentati dall'isopensione e dai contratti di espansione (da 5 a 7 anni di uscita anticipata), ma c'è bisogno dell'accordo collettivo dell'impresa con i sindacati e di un piano di ristrutturazione aziendale del personale.

Da questo punto di vista Meloni, come Draghi, potrebbe procedere a una razionalizzazione delle due misure principali che assicurano uscite di lavoratori a basso costo.

Aumenti pensioni 2022-2023, ecco quali sono le ipotesi di riforma degli assegni pensionistici

Sul tavolo del nuovo governo che verrà anche gli aumenti delle pensioni, percorso reso ancora più tortuoso dall'inflazione che verrà osservata per tutto l'anno 2022. I percettori di pensioni riceveranno nei cedolini di ottobre, novembre e dicembre, in via anticipata, il 2% di aumento (anche nella tredicesima) che altro non sarà che una parte degli aumenti che scatteranno dal 1° gennaio 2023. Inoltre, nei cedolini finirà anche la differenza (1,9-1,7%) dell'aumento del costo della vita registrato nel 2021: lo 0,2% verrà versato a novembre.

Percentuali, tuttavia, irrisorie rispetto alle previsioni di inflazione già calcolate nel Nadef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) che stima un aumento dei prezzi 2022 superiore al 7%. In tal senso, il nuovo governo dovrà affrontare una spesa elevata per la rivalutazione delle pensioni nel 2023 al costo della vita. Più in generale, la proposta di Silvio Berlusconi di aumentare le pensioni minime a 1.000 euro per 13 mensilità potrebbe rappresentare una delle soluzioni per superare gli aumenti ridotti che si sono registrati negli ultimi anni con il meccanismo di adeguamento al caro-vita. Modifica seguita anche da Matteo Salvini, che propone 1.000 euro di pensione adeguata al minimo per chi si trova nel sistema contributivo, mentre Giorgia Meloni propone la verifica delle pensioni sopra i 5.000 euro degli effettivi contributi corrispondenti.