L'Inps, con il suo recente "Rapporto annuale sulle differenze nella speranza di vita tra abbienti e meno abbienti", presentato alla Camera, ha scatenato accese polemiche per via di quella che a molti è sembrata una proposta che, in estrema sintesi, prevede la riduzione dell'importo della pensione a chi vive più a lungo. In realtà l'Inps non ha avanzato alcuna idea a riguardo ma ha solo sottolineato quella che sarebbe una iniquità del sistema pensionistico.

Secondo il rapporto infatti, l'applicazione dello stesso coefficiente di calcolo dell'assegno pensionistico a categorie diverse di lavoratori, senza considerare fattori che influiscono sulla speranza di vita, sarebbe "iniqua".

In seguito alle polemiche, l'Inps ha chiarito che non sta attivamente partecipando alla formulazione di una proposta di riforma pensionistica per il governo, smentendo alcune voci circolate dopo la pubblicazione del rapporto.

Il comunicato dell'Inps dopo le polemiche

Nella nota, pubblicata il 21 settembre sul sito dell'istituto, si legge: "L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale intende fornire alcune precisazioni in merito alle recenti ricostruzioni riguardanti un presunto coinvolgimento diretto dell’Istituto in proposte di riforma delle Pensioni. Quanto riportato sulla partecipazione attiva dell’INPS attraverso la formulazione di una proposta di riforma delle pensioni è privo di fondamento.

L'INPS è da sempre impegnato nella raccolta, sistematizzazione e condivisione dei dati relativi alle materie di pertinenza, per offrire al Paese una panoramica fondamentale sulle dinamiche demografiche, sociologiche ed economiche. I dati raccolti possono rappresentare una risorsa per l'elaborazione di scelte politiche e amministrative, ma non è nei compiti dell'Istituto fare proposte al legislatore in materia di welfare.

Il XXII Rapporto annuale dell’INPS, presentato alla Camera dei Deputati il 13 settembre scorso, è un documento che fornisce una panoramica delle prestazioni erogate e dell’impatto di tali prestazioni sulle dinamiche rilevate nel nostro Paese".

Pensioni ridotte a chi vive di più, l'Inps smentisce e spiega

Il rapporto evidenzia che ci sono lavoratori che, una volta raggiunta l'età pensionabile, vivono mediamente più a lungo rispetto ad altri, e questa differenza si manifesta anche a livello regionale.

Tuttavia, il coefficiente che trasforma i contributi versati in assegni pensionistici è uniforme per tutti, il che, secondo l'Inps, può penalizzare i soggetti meno abbienti, che ricevono una pensione inferiore a quella che otterrebbero se si considerasse la loro effettiva speranza di vita.

Al contrario, i soggetti più abbienti ricevono pensioni più elevate rispetto a quelle che riceverebbero con un calcolo basato sulla loro reale aspettativa di vita. L'Inps sottolinea come le differenze nella speranza di vita sono significative tra diverse categorie di lavoratori, così come tra le diverse regioni italiane. Ad esempio, i pensionati appartenenti al primo quintile di reddito (la classe più bassa) hanno una speranza di vita di circa 67 anni, mentre coloro che appartengono al quintile di reddito più alto vivono mediamente 2,6 anni in più.

I tecnici Inps sottolineano che la soluzione potrebbe essere quella di considerare nella formula di calcolo della pensione anche la speranza di vita, il luogo di residenza e l'occupazione precedente, ma questa modifica è complicata da attuare e potrebbe non eliminare completamente le disuguaglianze.