Chi poteva mai immaginarselo? Un accordo concertato dopo tanti rifiuti e polemiche, fra Maurizo Landini, segretario generale della Fiom, il sindacato meno amato e meno diposto a compromessi con l'industria, e Sergio Marchionne, amministratore delegato di FIAT, accusato dal sindacalista di aver ammazzato il made in Italy per portare produzione e lavoro negli Stati Uniti dopo l'accordo con Chrysler.

Il compromesso fra le due parti, ha origine da un referendum votato dagli operai della VM di Cento, in Emilia, circa 1.100 i dipendenti che hanno deciso di accordarsi per l'appunto con un vecchio piano-proposta di Marchionne che sembrava però non andare mai in porto.

Oltre 800 i voti a favore, e visto che la metà dei lavoratori della fabbrica porta il marchio Fiom, e che Landini non voleva scendere a patti, sembra quasi essere un mezzo tradimento verso il Segretario generale, ma alla fine si è proceduto alla firma.

Il compromesso tratta del taglio alle pause non accettato fino ad oggi, in cambio di un programma di assunzione per circa trecento assunzioni. Ovviamente non si è trattato di un'improvvisazione, Marchionne aveva già un anno fa proposto questo tipo d'accordo il quale gli operai degli altri sindacati (diversi da Fiom) si erano convinti ad accettare. L'amministratore delegato aveva detto al capo di VM Galimberti, di voler produrre a Centola jeep per venderla anche oltre oceano, in più aveva fatto la promessa di affidare la fornitura del primo motore diesel per Maserati.

Ciò significava per VM aumentare la produzione di motori di quasi due volte e mezzo, dal 2012 al 2014, il che avrebbe permesso altre assunzioni, nonostante si dovesse rinunciare alle pause, ma era per una giusta causa, per il bene collettivo dei lavoratori che potevano tornare in fabbrica come nuovi assunti. Dopo l'ok del socio di Galimberti, tutto sembrava possibile, anche perché c'era il finanziamento concesso da sei banche; a questo punto rifacendosi al contratto di lavoro, Landini e la sua Fiom rivendicano il diritto alle pause e non vogliono accettare i tagli previsti, così la trattativa va dapprima in stallo, poi sembra addirittura sfumare.



La Regione e il Comune di Ferrara si attivano per corsi di formazione e l'acquisizione di una vecchia fabbrica, stanziando così molto denaro, a questo punto solo la Fiom pare essere di ostacolo, ma avendo la maggioranza degli operai e avendo inculcato loro di non voler rischiare di fare la fine di Pomigliano, la situazione non si sblocca.

Poi finalmente la decisione dopo il referendum e l'accordo siglato e rivisto, 8 minuti in meno di pausa, ma in cambio 450 euro annui tassati solo al 10% come premi produzione. Ci saranno le assunzione previste, di cui circa 200 con contratto di apprendistato e il 26% del totale assunti, sarà di sesso femminile.

Adesso parte l'organizzazione del lavoro: per la prima volta Sergio Marchionne sembra aver fatto un passo verso la produzione Made in Italy anche per la vendita verso i mercati extraeuropei, ma chissà se Landini sarà poi così soddisfatto: noi diciamo che nonostante il leggero allungamento del lavoro, se non altro c'è possibilità di occupazione, nonostante un salario un po' inferiore a quelli standard, per oltre 200 inoccupati, sempre meglio che niente.