L'Italia, belPaese nell'immaginario collettivo, oggi è persanell'immobile pensiero di potercela fare restando ferma a guardare,spettatrice scettica della politicavuota e sfatta che decide di non decidere su che cosa incidere. C'è lasolita e solida routine d'apparizioni e dichiarazioni gridate, buttate allarinfusa in viso al pubblico adagiato e paralizzato che lotta con l'insonnia,non si vuole guardare nelle sue incapacità presenti e ha rotto lo specchiodella memoria degli errori passati compiuti.

L'Italia è in crisi di astensionedalla memoria, vive di frammenti, parole dette e disdette, misurate al dì esmisurate nella notte per tutti.

L'istituzione Italia è estranea al merito,formale e tortuosa in procedure e cultura della politica, estranea a se stessa (soffocai suoi cittadini), è logorata e insufficiente anche economicamente e ancoravuol reggersi con la "sufficienzapolitica".

La pressione nelle menti degli italiani non è solo fiscale, èd'abbandono sociale o economico e c'è anche il perdurare dell'idea che è megliovivere l'oggi frammentato in letture di "post" e "twitt" piuttosto che pensaredi essere "portatori di una nuova rivoluzione necessaria", come detto direcente dal Papa. L'Unità d'Italia è disunità politica, economica, legislativa,sociale, regionale, è messa in discussione in ogni dialogo di convenienza suprofitti e potere, logorata da promesse mancate e spese folli d'orgoglio.

Nel vuoto poteredella politica che decide male e lo fa molto bene, ci sono parti separatedel Paese, lontane fra loro, trattate da soprammobile nei salotti buoni dellapolitica, dagli intellettuali finanziatori dell'attuale crisi, abitata dalvecchio modo di fare del capitalismo italiano, senza fiuto e fiato, con ilcoraggio di non cambiare, con la sola "capacità prenditoriale" e nel complesso mostrando di possedere l'inclinazione aldisastro operativo.

È il Paese del "sottoboscopolitico" che abilmente si dà alla macchia in bella vista, latita nelledecisioni scomode, si siede per non esprimere decisioni valide, affonda ilderetano su poltrone mantenute sulle spalle del popolo già piegato e dolorante.Italia di oggi già vista ieri, moderna di facciata (cellulari, tablet, app),vecchia di dietro (cultura, lettura, scrittura, far di conto, teledipendente,sempre in crisi), che si lamenta nei suoi minuti "commenti social" e senza speranza in corpo.

C'è una politicasenza fiuto per il bene comune da accrescere e difendere né fiato capace di reggere agli urtieconomici sulla distanza. Le prove della storia condannano l'Italia indietro emai avanti in positivo, al suo "posto fisso" culturale, incapace d'immaginarsiun futuro alternativo ricco di prospettive e di un'identità vincente. Perl'Italia è tempo di dare un valore al fare "popolo", un'azione decisa a ciò chevuole essere unendo la linea temporale del passato-presente-futuro nelconsapevole frutto della responsabilitàpartecipata.

Siamo in debito di unità e d'identità nazionale, manca un "empowermentpolitico", capace di non fare più da sé perché ora è bene fare tuttoinsieme senza pescare nei vuoti ideali e con la necessità di un nuovo esordiovincente e convincente. Adesso tocca agli italiani che con la molta ignoranzaha delegato le sorti del Paese credendo a tutto e al contrario di niente.