La musica si sa, è la nostra compagna di vita. Ci accompagna quando andiamo a lavoro, a casa nostra quando ci rilassiamo al computer, nei momenti più tristi e in quelli più felici della nostra giornata. E' un qualcosa di intimo, di personale, ascoltare musica è un pò come indossare un vestito, ognuno sceglie in base ai suoi gusti.
Nell'era digitale che stiamo vivendo, l'arte musicale, se ancora di arte si può parlare, è indubbiamente influenzata dai media e dalla pubblicità che continuamente propongono i loro "standard mainstream" (mainstream è un termine inglese usato come aggettivo per indicare un tipo di musica più dominante, seguita quindi dal grande pubblico).
Una canzone che viene ripetutamente usata nelle pubblicità e sponsorizzata tramite radio famose, riuscirà ad influenzare sicuramente gli ascolti e quindi i gusti musicali del grande pubblico.
E' un pò come se una grossa casa discografica decidesse a tavolino cosa ascolterà la maggior parte delle persone da lì a poco. Indubbiamente questo porta la musica alla perdita di quella creatività e genialità tipica di chi suona per passione, spostandosi invece sotto i riflettori di un business da milioni di euro.
Ovviamente c'è chi invece si distacca da tutto questo, preferendo un tipo di musica più indie (un insieme di generi musicali caratterizzato da una propria indipendenza, rispetto alla musica mainstream).
Spesso sono giovani band, emergenti e non, guidate dalla passione e con idee originali. Quello del musicista indie però, specie in Italia, è un duro percorso. Un percorso fatto da ore e ore di studio, prove in sala, autofinanziamenti e concerti in locali spesso non retribuiti. Una strada insomma tutta in salita, dove la ruota motrice di questi ragazzi è l'amore per l'arte di far musica.
Insomma questo è il panorama musicale d'oggi, la musica finisce spesso per non essere più arte ma un mezzo nelle mani di grandi major discografiche che influenzano i più su cosa devono ascoltare, mentre artisti indie, creativi e bravissimi a suonare, nonostante i loro sforzi non riescono a far capire, almeno in Italia, che nel far musica in primis bisogna metterci cuore e anima e che quello del musicista è una professione, e va riconosciuta come tale a tutti gli effetti.