La sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito la chiusura del caso Eternit ha scatenato un feroce dibattito sulle leggi che disciplinano la prescrizione e, soprattutto, sulla concreta utilità dello stesso. Tale istituto giuridico è già stato oggetto di aspre discussioni in passato; basti ricordare che nel 2005, attraverso la Legge n. 251 del 5 dicembre (denominata poi Legge ex Cirelli), la prescrizione fu soggetta ad una pesante riforma che, in seguito, fu aspramente criticata. Si desidera ricordare, a tal proposito, che il PM Fabio de Pasquale, nel 2012, definì la stessa come un mezzo mediante il quale poter pianificare, nei palazzi di giustizia, <<una strategia del ritardo per impedire che i processi arrivassero a sentenza>>.

Nonostante quanto appena esposto, l'annosa questione della prescrizione non è stata ancora risolta; ci si trova attualmente, al contrario, in una delle più tipiche situazioni italiane: quella in cui un problema resta irrisolto fino a quando un imprevisto, un incidente o uno scandalo non fanno riemergere lo stesso, portando nuovamente tutti a discuterne al fine di trovare soluzioni o, semplicemente, al mero scopo di lamentarsi di ciò che non funziona.

In tale contesto, vi è chi vorrebbe una radicale riforma della legge, chi gradirebbe la totale abrogazione della prescrizione e chi difende a spada tratta, viaggiando controcorrente, tale istituto giuridico, scaricando le colpe su altri fattori (quali, ad esempio, l'operato delle persone coinvolte); in sintesi, la tipica sagra nostrana degli eccessi: o si vede tutto bianco, oppure tutto nero.

Sulla carta stampata, nei TG e nei programmi politici poco si parla della necessità di cambiare non solo la legge, ma tutto ciò che gravita intorno alla stessa. La prescrizione nacque all'epoca per garantire all'imputato un giusto processo in tempi ragionevoli; chi ponderò tale istituto giuridico, infatti, giudicò l'ipotesi di limitare i tempi del processo un utile mezzo per rendere lo stesso celere ed efficace.

Tali regole, tuttavia, non possono trovare un'adeguata applicazione se vi è un apparato della giustizia non adeguato alla mole di lavoro ad esso assegnato e se vi sono, inoltre, avvocati che cercano di sfruttare la prescrizione a proprio uso e consumo (approfittando, è necessario sottolinearlo, di ulteriori norme processuali, sia civili che penali, che permettono tali pratiche).

Ovviamente, è indispensabile modificare le norme sulla prescrizione; non si potranno ottenere risultati concreti, tuttavia, se a ciò non si accompagnerà una riforma più generale che potenzi i mezzi a disposizione dei Tribunali e se, soprattutto, non si mirerà a mutare la visione della prescrizione che hanno gli avvocati e, più in generale, tutti gli italiani.