Il Governo Renzi ha estratto dal suo cilindro magico l'ennesima riforma della scuola che, con non poca presunzione, gli stessi ideatori hanno definito "La Buona Scuola". A giudicare dalle prime reazioni sui social network, si direbbe che moltissime persone non siano dello stesso avviso, di certo non lo sono i docenti. D'altronde non potrebbe essere diversamente: le bugie del Governo Renzi si sono accumulate a dismisura in questi mesi, con un gioco al massacro sulla pelle dei docenti precari. Qualche mese fa Renzi parlava di supplentite, come se i supplenti italiani, cioè persone laureate al servizio del sistema dell'istruzione pubblica, mal pagati e precari, dovessero essere considerati il male di un'Italia che affoga in un mare di sprechi.

Si tratta invece di persone che, spesso, lavorano in condizioni difficilissime, senza alcuna certezza ed impossibilitati a pianificare una vita ed un futuro sereno.

Così arriviamo al paradosso che un personaggio come Renzi, che vive da anni di politica (ma anche tanti suoi collaboratori per i quali può dirsi altrettanto), si crede in diritto di fare la morale a gente che lavora onestamente per guadagnarsi uno stipendio da fame. In realtà Renzi non ha tenuto fede all'impegno di assumere tutti i precari delle GAE e questa è solo una delle sue tante menzogne. Anche gli abilitati TFA si sentono raggirati. Dopo aver superato delle selezioni e dopo aver sborsato fior di quattrini per abilitarsi, si dice a questi docenti che potrebbero essere lasciati a casa.

Ma anche i vincitori di concorso del 2012 e gli abilitati PAS vedono addensarsi molte nubi all'orizzonte.

In più, mentre la scuola pubblica cade a pezzi, il Governo decide di finanziare ancora una volta le private, in violazione della Costituzione. Ma, su tutte, forse la cosa più grave è la chiamata diretta e la concentrazione di potere nelle mani dei presidi.

Ad ogni modo, non c'è da meravigliarsi neanche di questo perché questo provvedimento pare inserirsi bene nell'alveo più generale di una deriva autoritaria che, sempre più, si profila all'orizzonte.

L'idea dell'uomo solo al comando prende piede sempre più, ce lo dimostra l'Italicum con i suoi cento capilista bloccati, ce lo conferma l'abolizione del Senato che fa venir meno un importante sistema di contrappesi che, a lungo, ha garantito democrazia ed equilibrio alla nostra Repubblica.

Magari sarebbe opportuno, invece, guardare al futuro con uno spirito diverso. Esaltare la collegialità in luogo dell'individualismo, coinvolgere invece di escludere, dialogare invece di imporre. La scuola è l'architrave della società e, prima di imboccare strade pericolose, sarebbe opportuno riflettere con attenzione. Oggi più che mai la battaglia dei docenti è la battaglia di tutti i cittadini. La scuola va difesa e non demonizzata. Non si alza la qualità mortificando i docenti ed introducendo meccanismi che spianano la strada alla raccomandazione ed al nepotismo.