Le problematiche afferenti l’utilizzabilità processuale della testimonianza "de relato" o indiretta ruotano intorno al quesito di quale possa essere la rilevanza probatoria della deposizione di soggetti che hanno soltanto una conoscenza indiretta del fatto. Nella casistica giurisprudenziale, i cosiddetti testimoni "de relato" godono da sempre di poca attendibilità. La giurisprudenza prevalente, infatti, ritiene che alle loro dichiarazioni non possa essere attribuita alcuna rilevanza probatoria. Ci sono poi degli orientamenti intermedi, secondo cui la deposizione del testimone indiretto su circostanze che ha appreso da persone estranee al giudizio, pur se priva di valore intrinseco, può tuttavia rappresentare un indizio.

Ciò si verificaquando i fatti sono dettagliati sotto i profili del se, del quando e del come.

Altre decisioni dei giudici di legittimità hanno invece riconosciuto alla testimonianza "de relato" la capacità di assurgere a prova quando sia suffragata da altre valide risultanze probatorie, che concorrano a solidificare la credibilità. Una recente pronuncia della Suprema Corte, la n.4565/2016 è tornata a pronunciarsi sul tema in una controversia relativa ad un addebito di separazione giudiziale intrapresa dalla moglie nei confronti dell'ex marito.

Voci di paese e testimonianza "de relato"

L'ex moglie, nella vicenda da cui trae origine l’ordinanza della Suprema Corte, per fondare la richiesta di addebito della separazione a carico del marito, aveva addotto che l’impossibilità di continuare una pacifica convivenza sotto lo stesso tetto coniugale fosse riconducile esclusivamente alla condotta del coniuge, accusato di aver commesso adulterio.

Sul presunto tradimento aveva testimoniato anche la madre della donna, che aveva dichiarato di aver saputo che il genero tradiva la figlia da una sua amica. L'ex moglie, dopo che i giudici di merito hanno respinto la sua richiesta, ha proposto ricorso in Cassazione, sottolineando che dopo aver appreso del tradimento del marito era stata colpita da una forte depressione.

Gli "ermellini", rigettando il suo ricorso, hanno messo in luce alcune contraddizioni nella tesi da lei sostenuta. Infatti, mentre la donna da un lato ha sostenuto che il marito non avrebbe mai smentito il tradimento, dall’altro ha fatto presente che in sede testimoniale sarebbe emerso che tutto il paese ne era a conoscenza.

Secondi i giudici di legittimità, l'ex moglie non ha nemmeno illustrato la decisività dei capitoli di prova da lei articolati, pur lamentandone la mancata ammissione in sede di giudizio. Inoltre, non ha neanche fornito la prova delnesso di causalità fra la condotta del marito e l'insorgenza delle sue patologie, limitandosi ad allegare solo la relativa documentazione sanitaria che attestava la presenza delle malattie.

Presupposti della validità della testimonianza indiretta

L’assunto da lei addotto secondo cui era stato l’ex marito ad abbandonare il tetto coniugale, era inoltre stato sconfessato dalla presenza di alcune lettere inviate dalla donna all'ex, dove si desumeva la volontà di entrambi di vivere separati.

Gli "ermellini", infine, si sono soffermati sulledichiarazioni testimoniali"de relato" della madre della donna, giungendo alla conclusione che, nel caso di specie, sia da escludere che queste si possano considerare sufficienti a dimostrare un adulterio. A sostegno di tale decisione hanno ritenuto che la madre della donna debba essere considerata un testimone "de relato partium".

Alla stessa, quindi, non può essere riconosciuta alcuna attendibilità proprio perché, dopo essere stata informata dal soggetto che ha proposto il giudizio, cioè la figlia, ha deposto su fatti e circostanze ascoltati dalla stessa. Gli "ermellini" non hanno quindi accordato l’addebito della separazione all'ex moglie, ritenendo prive di validi riscontri oggettivi le accuse mosse all'ex marito. Per altre info di diritto potete premere il tasto "Segui".