Mancano pochi giorni al referendum più ignorato della storia. La campagna elettorale sul referendum del 17 aprileè stata praticamente inesistente. Il PD, partito di maggioranza, invita i cittadini a disertare le urne. Gli altri partiti, sia a destra che a sinistra (inclusa la minoranza interna al PD), propendono quasi tutti per il “Sì”.

Quello del 17 aprile è un referendum abrogativo che si differenzia dai precedenti 66 svoltisi in Italia, in quanto non è stato proposto da uno o più partiti politici attraverso la raccolta di firme tra la cittadinanza, ma da organizzazioni ambientaliste che si sono rivolte direttamente alle regioni.

Il "Coordinamento nazionale No Triv" e"l'Associazione A Sud Ecologia e Cooperazione", nel luglio 2015 sottoposero ai consigli regionali italiani una proposta di referendum popolare sulle trivellazioni in mare. Tale proposta, sottoscritta da varie organizzazioni, venne approvata da dieci regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. Nel gennaio di quest’anno l’Abruzzo ha deliberato il proprio ritiro dall'iniziativa.

Il referendum di domenica prossima ha altre caratteristiche che lo rendono particolare rispetto ai precedenti. Innanzitutto, è contestato dal primo ministro, il quale consiglia ai cittadini di non andare a votare. Probabilmente in virtù di ciò, in televisione e sulle maggiori testate giornalistiche, se ne è sentito parlare pochissimo.

Nonostante riguardi l’Ambiente, un tema caro a molti, un cospicuo numero di italiani se ne disinteressa. Ogni consultazione referendaria ha anche una valenza politica, e questa sembra non averla. In realtà, però, ha eccome un significato politico.

Il quesito su cui i cittadini sono chiamati a votare è il seguente: "volete che sia abrogato l'art.

6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale", come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale"?

DIfronte a un quesito del genere è normale cheil cittadino comune si senta spaesato. Non è stato per nulla aiutato dall’informazione dei media, quindi l’unica alternativa che gli resta è informarsi attraverso il web o direttamente presso organizzazioni ambientaliste e competenti in materia. Molte persone però, per pigrizia o disinteresse, non ci pensano proprio ad informarsi. Così domenica prossima non andranno a votare, e di conseguenza si rischia di non raggiungere il quorum (partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto). In tal caso, la consultazione elettorale indetta dal Presidente della Repubblica non avrà alcun effetto. Si saranno spesi soldi, tenute chiuse scuole e consumato tonnellate di carta per niente.

Per fare un po’ di chiarezza, il referendum propone l'abrogazione della norma che permette alle compagnie petrolifere che estraggono idrocarburi entro 12 miglia marine dalle coste italiane, di poterlo fare sino all'esaurimento dei giacimenti. Se ne verrà approvata l'abrogazione (con la vittoria del “sì”), le concessioni termineranno alla scadenza prevista, indipendentemente dalla possibilità di sfruttamento dei giacimenti.

Essendo le elezioni un diritto-dovere, al fine di poter valutare se votare "sì" o "no", i cittadini dovrebbero essere tenuti a informarsi. Il fatto che in televisione non se ne parli, non vuol dire che il referendum non sia importante, anzi. Ricordiamo che, anche alla luce dei recenti scandali emersi proprio nell’ambito della gestione del petrolio in Italia, è doveroso prendere coscienza e andare a votare. Non solo per sfruttare l’opportunità di fare qualcosa di concreto per l’ambiente, ma anche per salvaguardare la democrazia, esercitando il proprio diritto di voto.