Smentito "l'effetto Berlinguer" oggi ai funerali di Gianroberto Casaleggio, invocato da molti sostenitori del fondatore del M5S che avevano proposto un arditissimo paragone con il leader del PCI. Qualche brivido è corso lungo la schiena di molti, al sentire del paragone. Il dato di fatto, al di là della scomparsa del guru-fondatore del Movimento, sta nella soluzione di continuità che questo avvenimento segna nella storia del M5S. Casaleggio teneva uniti i pezzi, Casaleggio era il primo motore immobile del M5S. Ora chi comanda?

Chi comanda?

Molti scrivono di una possibile successione del figlio di Casaleggio, Davide.

Sarebbe un bel salto indietro. L'ereditarietà della carica non si vedeva da tempo immemore. Da un'eventuale successione di Davide Casaleggio, quindi, scaturirebbero piogge di critiche a non finire, ecco perché sembra la situazione meno praticabile.

Inutile prendersi in giro, le linee dei parlamentari non le decidono i parlamentari né i cittadini. Esempio lampante è stata la linea del M5S nella vicenda della legge sulle unioni civili. Gli stessi "grillini" presentarono un ddl sulle unioni civili, nel 2014, votato online dai cittadini. La posizione fu disattesa due mesi orsono, al momento delle votazioni sul ddl Cirinnà. Le decisioni le prendeva Casaleggio, la linea la dettava lo stesso guru. Ora chi comanda?

Il timore ed il sentimento comune è quello di un movimento che o si struttura, con una segreteria, un portavoce, un tesoriere, oppure è destinato ad implodere.

Primi cambi in vista e primi scontri

Subitanei i primi cambi. Sembra infatti che l'intero staff di comunicazione sia destinato ad essere reciso. Parliamo di "esperti" del calibro di Rocco Casalino, ex Grande Fratello, e Ilaria Loquenzi, responsabili al Senato.

Entrambi sempre protetti da Casaleggio, a dimostrazione della capacità decisionale dello stesso all'interno del Movimento. Uno vale uno...ma non troppo.

Davide Casaleggio non ha intenzione di difendere Loquenzi e Casalino, al tempo stesso Di Maio vorrebbe la fidanzata a capo della comunicazione, Silvia Virgulti. Una bella gestione familiare.

Molti si risentirebbero della presa di potere di Di Maio, alla ricerca continua di leadership e consensi. Proprio questa sarà la causa di divergenze che, prima o poi, senza Casaleggio, sono destinate a palesarsi.

Ci si mette anche il tribunale

Altra sentenza scomoda, dopo quella del TAR di Firenze. Il tribunale di Roma ha riammesso gli espulsi del M5S. Espulsi perché ritenevano illegittime le votazioni che hanno portato la Raggi a vincere le comunarie con una rara esiguità di voti. Avevano fatto ricorso ed il giudice ha "accolto la domanda sospensiva delle espulsioni". Sempre peggio, per il M5S: i rientranti daranno battaglia, dato il marasma generale e la confusione dopo la scomparsa di Casaleggio.

Il Movimento ha due strade, farsi partito o implodere.

Il paradosso a 5 stelle: farsi partito per salvarsi

Il movimento deve farsi partito per salvarsi, deve strutturarsi, evolversi. Deve snaturarsi. Magari con uno statuto democratico, come impone la Costituzione. Se così non sarà, la creatura di Casaleggio e Grillo imploderà non riuscendo a far fronte, senza leader, ad una calda stagione di lotte di potere interne e multicorrentismo, tra l'altro in un periodo tribolato tra elezioni e referendum.

Il movimento deve farsi partito, ma siamo sicuri che non lo fosse già, nella forma? La verità è che il leader, ancorchè silenzioso e anticomunicativo, esisteva, ed era Casaleggio. Il prossimo leader non potrà essere parimenti in ombra, e l'eredità lasciata dal guru è ingombrante.

Si tratta di un'involuzione-rivoluzione perché la scelta palese di un leader andrebbe a rivoluzionare il principio naturale su cui nasceva il movimento e, al tempo stesso, deludere quanti vi vedevano uno strumento di democrazia diretta.

Alla fine il Movimento nasceva come promessa di rottura, ma si è rivelato una delusione retriva e reazionaria.