Il 4 dicembre il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi in merito alla riforma costituzionale che cambierà in modo profondo la Costituzione Italiana, su proposta dell’attuale Premier Matteo Renzi e della ministra Boschi. In questi mesi, nel nostro Paese si sono formati svariati comitati che appoggiano tale riforma, e altrettanti che sostengono le ragioni del "No".

Come iniziò

Per capire meglio su che strada dirigersi, è utile anche capire da dove tutto ebbe inizio, e come si è arrivati a un tale caos istituzionale. Il 28 maggio 2013, una delle banche di affari più grandi del mondo, la JP Morgan, compose un documento di sedici pagine, dal titolo significativo: "Aggiustamenti nell’area euro", che tutti dovrebbero leggere.

Alle pagine 12 e 13 si fa espressamente riferimento alle Costituzioni dei Paesi europei, dicendo che la crisi finanziaria del 2008 non è dovuta solo a cause economiche, ma anche politiche, per via dei sistemi politici dei paesi del Sud-Europa e delle loro Costituzioni, le quali non garantiscono l'integrazione con gli altri Stati dell'Unione.

Queste ultime sono troppo influenzate dalle idee socialiste dei partiti di sinistra che sono ascesi al potere dopo la caduta del fascismo e, di conseguenza, questi paesi hanno degli esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, presentano dei governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori e offrono il diritto di protestare se i cambiamenti non sono graditi.

Dopo questo documento, il 10 giugno 2013 venne depositato un Disegno di Legge, a firma Anna Finocchiaro, per modificare l’art.138 della Costituzione che riguarda il doppio passaggio in ciascuna Camera e la previsione di referendum confermativo, nel caso di mancato raggiungimento del quorum dei 2/3. Un "comitato di saggi" avrebbe dovuto presentare una proposta di modifica da sottoporre al Parlamento.

La legge raggiunse l‘ultimo step il 23 ottobre e poi si arenò.

In seguito, nel dicembre 2013, fu il turno di Letta, ma il suo Governo durò poco, poiché da subito comunicò che non avrebbe modificato l’articolo 138, per cui fu prontamente sostituito da Renzi, dotato di una spregiudicatezza maggiore, e appoggiato da un’altra grande banca, la UBS.

Con il Jobs Act che ha fatto definitivamente crollare il costo del lavoro, la Riforma della Scuola che ha trasformato i professori in una specie di "nomadi" e, adesso, la riforma costituzionale, Matteo Renzi sta portando a compimento il piano delle grandi banche d’affari, iniziato nel 2013 al fine di eliminare i diritti, sbilanciare i poteri dello Stato e sopprimere il diritto di protestare.

Interessi totalmente opposti a quelli delle popolazioni, ormai sovrane solo di nome. Quello che rimane da fare è la modifica al Titolo V, in modo da depotenziare gli Enti locali rispetto al Governo centrale, al fine di espropriarli dei servizi primari tipo acqua, luce, gas e trasporti, da dare in mano a privati. Speriamo sia chiaro a tutti, dunque, che questa riforma è voluta dai capitalisti dell’alta finanza ed è l’ennesimo attentato al mondo del lavoro e dei diritti.