Post-referendum dai molteplici aspetti quello che abbiamo vissuto ieri ed in queste ore. Il primo aspetto è quello istituzionale: Renzi resterà in carica ancora per una settimana, il tempo occorrente per portare a compimento al Senato la legge di Bilancio. Poi Mattarella passerà la palla ad una figura istituzionale di grosso livello per un governo elettorale che possa fare una legge il più possibile condivisa e via in cabina: a marzo 2017 o in autunno dopo il congresso Pd?

C'è poi il versante delle dichiarazioni dopo la famigerata conferenza stampa post-mezzanotte del 5 dicembre quando l'allora premier Renzi ha annunciato le sue dimissioni e spinto il tasto degli affetti.

Il giorno dopo le sue truppe cammellate - Lotti, finanche Richetti - hanno posto le basi per la riscossa, mentre Guerini spostava a domani la segreteria PD. Lotti in un tweet ha parlato di ripartenza gemella "dal 40%". Richetti ha difeso il premier dalla Gruber mentre il prof. veneziano Massimo Cacciari distruggeva le politiche governative del primo gabinetto Renzi e definiva la riforma "una schifezza".

L'impressione è che la maggioranza governativa fatta quasi tutta da esponenti renziani sui quarant'anni non si sia ancora resa conto di quello che è accaduto e che ci sia una faglia di cultura istituzionale che la attanagli. Una grande studiosa Politica - che non aveva fatto la girl-scout - S.

Caterina da Siena, sosteneva che "la città è prestata". Intendeva dire che poi nella logica dell'alternanza ti viene chiesto conto di quello che non è un uso demaniale, ma un possesso legittimo ma temporaneo.

I renziani privi di cultura di governo pensano di essere ad una caccia al tesoro. Speriamo in breve tempo in un governo meno arrogante ed impreparato e che ascolti le grida non manzoniane - ma mazziniane - e reali che vengono soprattutto dai più giovani e dal Sud che ha votato in massa contro i satrapi dei propri territori persi in autoreferenziali laude delle proprie capacità di governo, ma in realtà solo narcisi della politica.