Ieri, 21 gennaio, è andato in onda in prima serata su Rai 3 il terzo appuntamento con il programma condotto da Alberto Matano, Sono innocente. Un contenitore televisivo che dà voce alle vittime di errori giudiziari che hanno vissuto l'esperienza terrificante del carcere.

Un programma strutturato in maniera simile ad 'Amore criminale', infatti, in ogni appuntamento vengono raccontate due storie attraverso la voce dei protagonisti reali e con ricostruzioni che mostrano ai telespettatori i momenti salienti delle vicende narrate.

Dall'arresto, all'ingresso in carcere, fino alla gogna mediatica e giornalistica, viene mostrato l'iter che porta inesorabilmente all'inferno persone ritenute erroneamente colpevoli, talvolta, anche di efferati delitti.

Nella puntata di ieri, Alberto ha raccontato le storie di Flavia e Giovanni, detenuti in carcere ingiustamente per ventidue giorni e per nove anni. Soprattutto, la storia del ragazzo napoletano colpisce perché, dopo quasi dieci anni passati in carcere, è ancora in attesa del processo di revisione, fondamentale per il risarcimento danni e per ripulire la sua fedina penale.

Al centro le vittime

Sono innocente è davvero uno dei programmi più interessanti e ben fatti della televisione italiana, seppur nella struttura non sia originale. Molti sono gli aspetti positivi, uno su tutti: al cento vengono poste le vittime.

I protagonisti sono uomini e donne che sono finiti ingiustamente dietro le sbarre.

Persone che, nonostante abbiano gridato sin da subito la loro innocenza, si sono ritrovate a vivere, per un arco di tempo più o meno variabile, nella cella di una casa circondariale. Dunque, in un panorama televisivo in cui sempre più spesso sono i carnefici a polarizzare l'attenzione, è un atto di doverosa giustizia dare voce a queste persone.

Sono innocente è un programma ben fatto perché non cerca la polemica e lo sterile sensazionalismo. Alberto Matano racconta, infatti, le storie ponendo al centro la vita dei suoi protagonisti, narrando il dramma vissuto da queste persone e dalle loro famiglie. Dunque, un programma che fa servizio pubblico, offrendo la possibilità a tutte queste persone di ribadire, con fierezza e orgoglio, la loro innocenza.

Molto apprezzabile è anche lo stile del giornalista che riesce con delicatezza ed empatia a entrare nel dramma umano di questi individui, senza scadere nella retorica o nella banalità.

Per chiosare, è inutile nasconderlo, Sono innocente pone in essere una profonda riflessione sulla responsabilità civile dei magistrati e sulla lentezza atavica dei tempi della giustizia italiana.