Oggi, 16 giugno, ha debuttato all'Accademia delle Belle Arti di Napoli, alle ore 18:00, il nuovo attesissimo spettacolo teatrale di Luciano Melchionna Spoglia-Toy. Una performance presentata all'interno del Festival del Teatro nella sezione Sport-Opera e che resterà in scena in Accademia fino a domenica 18 giugno, per un totale di nove repliche.
Melchionna, con il suo nuovo show, ci porta nel backstage del mondo del calcio, e più esattamente nello spogliatoio, un luogo sacro dove i calciatori e il mister si confrontano non solo sotto il profilo sportivo, ma anche sul lato umano.
Il mister, interpretato con veemenza da Gennaro Di Colandrea, incita i propri calciatori a non perdere mai di vista i propri obiettivi, ma soprattutto li invita a dare il massimo perché dietro l'angolo, nonostante la momentanea gloria, può celarsi l'insuccesso, la sconfitta. Dalle stelle alla polvere il passo, talvolta, può essere davvero breve.
Dunque, il regista di Latina mette a nudo il mondo del calcio nelle sue intercapedini più oscure, dando voce a undici giocatori che nel loro animo nascondono ferite profonde.
Uno spettacolo divertente e amaro
Colorato, cromatico e irriverente nella sua modulazione stilistica, Spoglia-toy diventa la messa in scena di un'Italia in cui i cittadini più deboli sfogano la loro rabbia in riti collettivi, come può essere una partita di calcio, in cui undici semplici uomini diventano l'emblema di un riscatto possibile.
Puoi perdere il lavoro, puoi divorziare, la tua vita può andare a rotoli, ma la domenica se la tua squadra vince, esulterai di gioia.
Poco più di trenta spettatori per ogni replica vengono condotti in uno spogliatoio dove undici ragazzi, con addosso soltanto asciugamani e accappatoi, discutono, si prendono in giro e ascoltano le parole perentorie del mister che li sprona a essere uomini migliori.
Al termine di questa parte, a ogni calciatore vengono assegnati tre spettatori che come voyeur assisteranno al rito della vestizione. E mentre il calciatore indosserà la divisa per scendere in campo, lascerà parlare il proprio dolore. Il portiere interpretato da Sebastiano Gavasso, in maniera scarna e priva di orpelli, confesserà di aver contratto l'HIV durante un festino.
Tra soluzioni stilistiche irriverenti, come le tutine aderenti dei calciatori indossate al termine della performance, Melchionna costruisce uno spettacolo spiazzante che fa divertire ed entusiasmare nella sua dimensione estetica e formale, ma nell'universo semantico 'messo in campo' assesta un vero pugno allo stomaco. Lo spettatore viene risucchiato in un magma emotivo che lo invita a porsi delle domande e non accettare lo status quo delle cose.