La storia di Sabina Berretta, ricercatrice indipendente e ora direttrice del Centro dei Cervelli di Harvard, è emblematica dello stato comatoso e incancrenito in cui giace non solo il mondo della ricerca made in Italy, ma tutta la classe impiegatizia e dirigenziale italiana.

E questo, non perché non vi siano delle eccellenze nel nostro sistema, anzi. Ma perché le eccellenze non solo non vengono valorizzate, ma non vengono fatte emergere proprio.

Come è possibile Infatti che una persona non superi un concorso pubblico per un posto di bidello, ma sia in grado di analizzare le cellule neuronali, che, crediamo, siano molto più complesse e affascinanti di un regolamento d'istituto?

Probabilmente, chi si applica con metodo e convinzione per studiare una materia scientifica così profonda, dobbiamo presumere che si applicherà, in uguale misura, anche allo studio delle norme e dei regolamenti amministrativi connessi al ruolo e alla mansione per la quale intende concorrere, nello specifico il posto di bidella.

Di conseguenza, se il problema non è dalla parte del partecipante al concorso, giocoforza deve esserlo dalla parte delle istituzioni deputate alla tenuta del concorso e dell'analisi' della preparazione dei candidati.

Ma questo è un problema atavico in Italia, legato al Problema più grande della corruzione che permea non solo l'amministrazione pubblica, ma finanche il nostro modo di ragionare.

Ciò che vogliamo dire è che fino a quando ognuno pensa al suo proprio orticello, senza chiedersi quali saranno le conseguenze a lungo termine sulla società tutta, difficilmente la situazione attuale potrà essere modificata.

L' eliminazione delle clientele e un metodo veramente meritocratico di selezione sono essenziali.

Per porre un freno alle raccomandazioni e alle clientele, basterebbe poco, inizialmente.

Si potrebbe vietare per legge che i propri congiunti fino al quarto grado di parentela sia in linea retta che collaterale non possano svolgere la nostra stessa professione e non possano essere assunti in nessuna pubblica amministrazione dove il proprio congiunto ha svolto anche solo l'incarico di usciere.

Inoltre occorrerebbe rivedere le norme del codice penale introducendo pene più severe per chi raccomanda, ma anche per il raccomandato, che in molti casi è connivente.

Andrebbe inoltre, previsto per legge il sequestro dei beni del raccomandante e del raccomandato e dei parenti entro il secondo grado, che sicuramente sono, anche loro, a conoscenza della raccomandazione.

Preventivamente all'introduzione di dette norme, andrebbe fatta una campagna di istruzione sulle future gravi conseguenze della mancata osservanza delle stesse a tutti i livelli della società.

A seguito dell' instaurazione di tali norme sarebbe molto più semplice l'opera di selezione del personale su base meritocratica e forse, diciamo forse, si riuscirebbe a evitare nuovi casi come quello di Sabina Berretta.

Speriamo che, come ha fatto riflettere noi, il suo caso faccia riflettere anche chi di dovere.