Nei giorni in cui è in pieno svolgimento la XII edizione della Festa di AddioPizzo, il comitato palermitano di lotta alla mafia che si identifica nello slogan "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità", il pensiero non può che andare anche all'imminente venticinquennale della Strage di Capaci. Il 23 maggio 1992, in un attentato messo in atto Cosa Nostra, persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Tale ricorrenza è diventata una manifestazione per ricordare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sempre più partecipata dalla cittadinanza, ma anche dai viaggiatori provenienti ormai da tutta Italia.

Vi è tuttavia da osservare come si sia verificato un rallentamento nella crescita di questo nodo importante della vita palermitana, dato da una sorta di sopore generale, negli ultimissimi anni.

Sicuramente si è potuto avvertire un calo nella partecipazione. Si tratta di una constatazione scottante e dolorosa: i cittadini dovrebbero sentirsi chiamati tutti i giorni, e di più in queste occasioni, a raccogliere un'eredità ingiustamente ed ingiuriosamente insanguinata. Il luogo ormai comune che vuole una lotta quotidiana alle Mafie, da parte della città di Palermo, non è mai stato tanto reale ed attuale. Per quanto agghiacciante, l'abitudine a considerare mafiosi "solamente" i fatti che comportano morte, spargimento di sangue, minacce ad attività commerciali ed a persone, porta a trascurare un'altra forma di Mafia che difficilmente viene considerata come tale.

La mafia del parcheggiatore abusivo e quella del cittadino che per un parcheggio conteso con qualsiasi altro verrebbe alle mani. La mafia di chi non tollera le biciclette sulla carreggiata e quella del ciclista che per dispetto se ne piazza al centro.

La mafia del commerciante che non rilascia lo scontrino fiscale e quella del cliente che, strizzando l'occhiolino, in virtù di questo richiede uno sconto.

Si potrebbero fare numerosissimi altri esempi dello scarto che porta il cittadino palermitano a manifestare e poi a cadere nella trappola degli atteggiamenti mafiosi. Oppure, si può fare l'esempio del cittadino che, in maggiore o minore misura cosciente e attore protagonista della scena, ne ricava che sia poco produttivo scendere in piazza.

"Tanto non cambia nulla". Questa chiave di lettura degli eventi vuole semplicemente fare riflettere su una delle possibili ragioni a causa delle quali Palermo in alcuni giorni è titanica, una vera guerriera, vestita di colori vividi e promettenti. In altri giorni, è spenta, priva della motivazione necessaria a combattere un fenomeno che affonda le radici nella storia personale di ogni cittadino. Ma se con la mafia bisogna conviverci perfino nel più banale episodio della vita quotidiana, tanto vale abituarsi e cominciare da se stessi. Palermo, svegliati.