Aveva suscitato molto rumore la dichiarazione della ministra fedeli, lo scorso 26 ottobre, nella quale riferendosi al tema dell’uscita autonoma dei ragazzi delle medie dalla scuola, aveva sostenuto che la legge non consentiva che ciò potesse accadere e che quindi le famiglie avrebbero dovuto attrezzarsi per andare a prendere i ragazzi. La dichiarazione della ministra in realtà non aveva fatto altro che confermare un orientamento già consolidato in molte scuole e soprattutto già espresso in alcune circolari ministeriali. Le parole della ministra, almeno in parte sembrate inopportune alle orecchie di molti genitori (leggasi l’invito ad utilizzare i nonni qualora i genitori non fossero disponibili oppure l’invito ad incentivare l’autonomia dei ragazzi nel pomeriggio, come se la legge che al mattino vieta agli insegnanti di lasciare liberi gli studenti non impedisse anche l’accesso autonomo dei ragazzi alle palestre o ai bar o alle pizzerie), avevano almeno avuto il merito di fare luce su una problematica sentita con molta intensità da numerose famiglie ma ignorata da una parte consistente dell’opinione pubblica.
Che cos'è l'abbandono di minore?
Il problema nasce sostanzialmente da un’interpretazione restrittiva dell’articolo 591 del codice penale che recita “Chiunque abbandona una persona minore di anni 14, ovvero.., e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. L’intento del legislatore, quando questa norma venne redatta, era chiaramente quello di combattere un fenomeno all’epoca diffuso, quello dei genitori che abbandonavano i propri figli al loro destino, privandoli di ogni sostegno economico e cacciandoli di casa. Al giorno d’oggi, da un lato questo fenomeno è divenuto estremamente raro, dall’altro la sensibilità ed il livello di attenzione dell’opinione pubblica nei confronti dell’educazione dei figli è radicalmente mutato, per cui sorgono interrogativi che un tempo nessuno si sarebbe mai posto (ad esempio: a che età è corretto che un ragazzo si muova fuori di casa autonomamente?).
A tutto ciò si deve aggiungere che il concetto di abbandono non è definito esplicitamente nella legge, per cui negli anni si sono accavallate sentenze a volte contraddittorie nell’interpretazione di questa norma ai diversi casi concreti. Le varie interpretazioni sono tuttavia concordi nel riconoscere come non basti la mera separazione fisica per configurare il reato di abbandono, ma sia necessario che il minore venga lasciato in balia di oggettive e note situazioni di pericolo che presumibilmente egli non sia in grado di affrontare autonomamente.
Tradotto, significa che se lasciamo il minore da solo, in casa propria, in un ambiente a lui noto e con tutte le accortezze del caso per evitare il concretizzarsi di pericoli prevedibili, non commettiamo alcun reato. Se, viceversa, lo lasciamo da solo in un ambiente per lui nuovo, la situazione potrebbe essere diversa.
Abbandono di minore ed uscita da scuola
Ora il problema si fa spinoso quando prendiamo in considerazione il tema del movimento autonomo del minore fuori casa. Il concetto di pericolo ha assunto nel tempo una connotazione certamente diversa rispetto a quella che aveva cinquanta o sessant’anni fa. L’attraversamento di un incrocio stradale è una situazione che può rappresentare un momento di pericolo? Sappiamo che purtroppo ci sono delle persone che vi muoiono ogni anno, per cui non può non costituire un rischio per l’incolumità fisica. Ma il livello di rischio varia da persona a persona, dipendentemente dalla sua maturità, dalla sua esperienza, dalla sua capacità di mantenere la concentrazione e, certamente anche dal tipo di percorso che deve compiere.
La legge non può ovviamente adottare queste distinzioni, per cui o si è dentro o si è fuori. E oggi come oggi la legge sostiene che quattordici anni rappresentano il limite. Rimane però il problema di come gestire la transizione dal periodo nel quale la legge non ritiene un ragazzino capace di attraversare un incrocio autonomamente a quando improvvisamente (il giorno dopo) gli è consentito guidare un motorino. Quasi tutti (genitori e pedagoghi in primis) ritengono opportuna una transizione graduale che richiederebbe l’acquisizione graduale dell’autonomia. E quindi la possibilità di muoversi autonomamente prima dei quattordici anni. Per farlo sarebbe necessario cambiare la legge, per adeguarla a quelle che sono le norme europee.
Una soluzione molto italiana
Il dibattito invece si è finora concentrato unicamente sulla responsabilità della scuola (dimenticando tra l’altro le associazioni sportive, le baby-sitter, eccetera). La conseguenza di ciò è che è stato approntato un emendamento di legge, attualmente in discussione in parlamento, che dovrebbe risolvere il problema che si è venuto a creare da quando alcune scuole hanno iniziato ad esigere la presenza di genitori o altri adulti muniti di delega all’uscita della scuola, semplicemente sgravando da ogni responsabilità il dirigente scolastico e l’insegnante, qualora il genitore firmasse una liberatoria. Rimarrebbe tuttavia intatta la norma che in quei casi colpevolizza il genitore.
In altri termini, rimarrebbe invariato il reato di abbandono qualora il ragazzo tornasse a casa da solo, ma ne sarebbe imputabile soltanto il genitore e non l’insegnante.
Il punto più sconcertante è che si sta pensando di risolvere un problema (la costante violazione della legge commessa dagli istituti scolastici che al fine di venire incontro alle esigenze delle famiglie e della graduale acquisizione di autonomia dei ragazzi, ha finora consentito l’uscita autonoma dei ragazzi) mediante una soluzione che prevede che a violare la legge siano i genitori. Ma se riteniamo che la legge sia sbagliata, oppure che sia troppo vaga ed inadeguata per regolamentare questa tematica e dia adito ad interpretazioni che riteniamo inopportune, non potremmo semplicemente modificarla?