In una delle sue più celebri affermazioni, Federico Buffa sosteneva che i mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà. Da queste legge temporale non possiamo esimerci, non si scappa, ed è così che in futuro pensando al 2017-2018 statene certi tutti ricorderemo principalmente che in quell'anno, per la prima volta dal 1958, l'Italia è fuori dai mondiali.
Mondiali: l'Italia non rimonta la Svezia, siamo fuori
Cosa significano i mondiali per un tifoso? Per un ragazzo di 28 anni, si parte dai ricordi sbiaditi di Usa 94 e quindi dalla voce di Bruno Pizzul che imparavamo ad amare, ad Italia- Nigeria, passando ovviamente per Roberto Baggio e non dimenticando purtroppo la finale di Pasadena con le annesse lacrime di una nazione.
C'è poi Francia 1998 con le sofferenze di Italia- Cile, lo splendido ottavo con la Norvegia e il gol di Vieri entrato nella memoria collettiva grazie anche ad Aldo,Giovanni e Giacomo e si finisce sulla traversa di Gigi Di Biagio. Del 2002 il ricordo malefico e beffardo è quello dell'arbitro Byron Moreno che ha stoppato il cammino di quella che potenzialmente poteva essere la nazionale più forte di quel mondiale.
Il 2006 è il 2006 e c'è anche poco da raccontare: ricordiamo ogni gesto, ogni azione, ogni partita, dalle introduzioni di Caressa alle sofferenze di quella finale. Siamo già nella memoria collettiva della nazione. E forse il calcio italiano si è fermato proprio lì, è ancora a Berlino a festeggiare ma in realtà a giugno saranno passati già 12 anni da quel trionfo.
Si conclude con le due spedizioni terribilmente insufficienti di SudAfrica e Brasile che sono rappresentate perfettamente dalle sconfitte con Nuova Zelanda e Costa Rica.
Il mondiale, dunque, è una delle poche certezze, ci indica lo scorrere del tempo, è un rito, non è solo una competizione sportiva, è una costante, quasi un dogma per chi vive a queste latitudini.
In questo tempo così complicato, in cui regnano le difficoltà a livello sociale, culturale ed economico, abbiamo tutti il bisogno e la necessità di aggrapparci a ciò che ci fa stare bene, che ci unisce, abbiamo bisogno di un briciolo di stabilità in questo tempo di precarietà assoluta e di relatività. Certamente diranno i benpensanti ci sono le difficoltà economiche di tanti concittadini, ci sono problemi di legalità, di tutela ambientale.
Per questo non possiamo definirla ecatombe, catastrofe, o cose del genere, ma è assolutamente limitativo pensare allo sport, al calcio nel nostro caso, come qualcosa di estremamente ristretto, parziale. David Winner in un bel libro sul Genio Olandese, ribelle e visionario, racconta come anche grazie ad una delle nazionali più belle al mondo, l'Olanda del 1974, nei Paesi Bassi ci fu una vera e propria rivoluzione culturale di cui il simbolo fu Johan Cruyff, in Sud America il calcio è il DNA della società, Gigi Riva nel libro "L'ultimo rigore di Faruk" ci racconta come l'ultimo tentativo disperato di tenere insieme la Jugoslavia fosse affidata alla nazionale di calcio che partecipò alla competizione di Italia '90.
Sommariamente e senza entrare nello specifico, si calcola che i risultati ai Mondiali abbiano conseguenze addirittura sul Prodotto interno lordo, basti guardare ai dati del 1983 ( +1,4%, nel 1982 siamo al 0,7%), nel 2007 la crescita fu addirittura del 4,1% ( nel 2006 era praticamente la metà).
Italia-Svezia: il film di una nazione?
Italia- Svezia ce la ricorderemo a lungo insomma, soprattutto tra circa 7 mesi: ripenseremo al carneade Johanson e alla deviazione di De Rossi, al palo di Darmian, alle gomitate di Berg, ai 70000 di San Siro che cantano l'inno di Mameli a squarciagola, alle grandi occasioni sprecate da Candreva e Immobile, alla carambola svedese che si infrange sulla trasversa, al tiro troppo preciso di El Shaarawy.
Ci domanderemo il perché del 3-5-2, perché Insigne sia rimasto in panchina e il perché di tutti quegli assurdi cross facile preda dei difensori scandinavi. A queste domande non troveremo risposta. Così come è inspiegabile che Tavecchio sia il presidente di una delle federazioni sportive più importanti al Mondo. Ripenseremo a Ventura che dopo 33 anni di carriera in club di media- bassa classifica, in uno dei momenti più difficili e complicati del calcio azzurro, si ritrova ct: il classico uomo sbagliato, al momento sbagliato, in un posto sbagliatissimo.
Se insomma in altri periodi storici almeno la nazionale ci tirava su il morale, oggi appare lo specchio di una nazione che ha perso tutte le sue ultime certezze.
Perché infondo lo sport non fa altro che rimandarci e ricordarci il periodo storico che viviamo, un Paese dalle grandi potenzialità, che vengono gettate al vento per l'incapacità di guardare al futuro, di scegliere le persone giuste al posto giusto, di avere un'idea di futuro ed una progettualità nel fare le cose, di credere nel nostro talento, di dare fiducia finalmente ai giovani di questo paese.
Chiunque abbia avuto esperienza nei campi di provincia da giovane calciatore o da istruttore di scuola calcio potrà affermare senza ombra di smentita che i dirigenti delle federazioni erano sempre gli stessi da quando si era "pulcini" a quando si allenavano i pulcini. Un sistema immobile, incapace di aggiornarsi e attento solo e soltanto alla burocrazia. Forse è proprio nei campi di provincia che l'Italia dovrebbe ripartire per il calcio ma soprattutto nella società.