Continua la partita a scacchi dei partiti, soprattutto degli azionisti di maggioranza parlamentare: M5S e Lega. Il primo vuole capitalizzare il bottino ottenuto il 4 marzo approdando al governo; il secondo idem, ma vuole farlo cercando di non rompere la coalizione di centrodestra. C'è oramai la quasi certezza che oggi sarà il giorno della svolta; già stasera dovremmo avere una soluzione di governo, che sia Politica o presidenziale.

Rimane qualche luce in fondo al tunnel per una soluzione politica dei "quasi vincitori", ma se - come pare - questa opzione non andrà in porto, il presidente scoprirà le sue carte, carte che andranno a comporre un governo di tregua.

Le partite interne a Lega e M5S

Intervistato da Lucia Annunziata su Rai3, Luigi Di Maio ha riaperto il forno con la Lega. Dopo aver ripetuto per giorni come quel forno fosse oramai spento, il leader del M5S ha deciso di ribaltare il campo da gioco riaprendo la partita del governo con il Carroccio. Nei giorni scorsi, il capo politico grillino ha chiesto ripetutamente un ritorno al voto in tempi brevi.

Ebbene, si è smentito da solo nel giro di pochi giorni, dando un chiaro segnale di confusione e di smarrimento interni al movimento pentastellato. Di Maio sta logorando la sua leadership e dai vertici del movimento è spinto a trovare una soluzione di governo; perché il M5S non può permettersi di apparire nuovamente come una forza perennemente di opposizione e non in grado di approdare a Palazzo Chigi. Deve capitalizzare il risultato elettorale ottenuto il 4 marzo anche la Lega. Matteo Salvini ha il vento in poppa, e un voto anticipato lo avvantaggerebbe parecchio, per questo ha meno fretta di prendersi responsabilità di governo. Ma l'elettorato leghista è un elettorato molto esigente, necessità di risposte vere, e l'unico modo per dargliele è quella di governare.

Salvini lo sa e gioca una partita doppia: quella del governo e quella interna alla coalizione di centrodestra. La seconda è una partita molto importante, una partita che lo porterà inevitabilmente alla guida di una coalizione che nel prossimo futuro potrebbe tranquillamente aspirare a un governo in solitaria. Per questo Salvini non vuole arrivare alla rottura con l'elettorato forzista, l'opa su quei voti moderati è da compiere con cautela e rispettando diversi passaggi inevitabili, tra cui quello di una fedeltà all'alleato Berlusconi.

Il governo di tregua

L'opzione istituzionale per non trascinare il paese nel pantano è pronta, ed è quella di un governo di tregua. Il Quirinale ne sarà promotore e chiederà a tutti i partiti un sostegno a questa soluzione ponte.

Il presidente Mattarella sa bene di dover affrontare una partita molto complicata, con i partiti in perenne campagna elettorale non è facile arrivare a compromessi che rischiano di essere visti come "giochi di palazzo" dagli elettori più estremizzati che le stesse forze politiche cercano di coccolare. Infatti, M5S e Lega, hanno già dichiarato il loro no a soluzioni di questo tipo; tecniche o presidenziali che siano. Gli ha risposto per le rime Paolo Gentiloni: "Dire di no al presidente Mattarella è come dire no all'Italia". E non poteva riassumerla meglio il premier dimissionario: una soluzione guida sarà comunque necessaria nel caso in cui - anche in extremis - non dovessero venir fuori formule politiche concrete.

Il Quirinale si prepara comunque a scoprire le carte e varare questo governo di tregua. Sarebbe clamoroso un passaggio parlamentare che porterebbe questo governo ad essere sfiduciato; ma sarà comunque questo esecutivo - non quello attuale - a trascinare il paese al voto anticipato nel prossimo autunno o primavera. Dovrà anche evitare l'aumento dell'Iva, una batosta che trascinerebbe il paese in una nuova e drammatica fase recessiva. Forse M5S e Lega dovrebbero pensarci più profondamente.