Nel 2017 sono stati oltre 60mila gli italiani, di età compresa tra i 18 e i 39 anni, che hanno abbandonato il Paese alla ricerca di un futuro migliore altrove. Il dato si accresce ulteriormente - anche se di poco - se si guarda alla migrazione interna, con 65mila giovani che hanno lasciato le rispettive abitazioni nel Mezzogiorno per trasferirsi al nord.

In questo scenario, il reddito di cittadinanza potrebbe rappresentare l'unica strada da percorrere per arrivare finalmente ad una svolta, anche se ad oggi non vi è alcuna certezza che possa essere una misura efficace.

Intanto dall'ultimo Rapporto Eurispes-Enpam è emerso che in 10 anni (dal 2005 al 2015) sono stati più di 10mila i medici che sono partiti dall'Italia per esercitare la professione all'estero. E se la situazione non dovesse cambiare, entro il 2025 si potrebbero perdere circa 16.500 specialisti.

I giovani hanno percezione della crisi economica

Secondo i risultati di un sondaggio di SWG sulla percezione dei ragazzi dell'attuale situazione socio-economica italiana, il 55% degli intervistati al di sotto dei 25 anni ritiene di trovarsi in una condizione peggiore di quella dei genitori. Dunque, tra i giovani italiani ci sarebbe piena consapevolezza dell'incapacità del Paese di dargli delle opportunità concrete.

Di conseguenza, come dimostra anche uno studio realizzato da Massimo Anelli e Giovanni Peri, già tra il 2010 e il 2014 i ragazzi colpiti dalla crisi economica erano pronti ad emigrare o a votare per il Movimento 5 Stelle nella speranza di un reale cambiamento. E il successo elettorale dei pentastellati il 4 marzo soprattutto al meridione va a sostegno di questa tesi.

In questo quadro s'inserisce il reddito di cittadinanza che dovrebbe essere una misura in grado di aiutare tutti i cittadini in difficoltà, gioventù compresa. Tuttavia, è necessario che non sia semplicemente un sussidio, ma uno strumento che aiuti i ragazzi a trovare un lavoro. Il sistema elaborato dai grillini prevede che il beneficiario si rivolga ai centri per l'impiego per trovare un'occupazione, mentre alle aziende che assumono viene riconosciuto un incentivo.

Qui subentra l'attività del navigator che ha il compito di conciliare domanda e offerta di lavoro a prescindere dalla distanza territoriale.

A questo punto, però, resta da capire se sia davvero solo un problema di mancanza di comunicazione tra domanda e offerta di lavoro, o se la crisi occupazionale sia legata ad altre problematiche come una carente crescita economica e una scarsa contingenza tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dai giovani.

Servizio sanitario italiano costantemente in calo

I dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam, insieme a quelli della Consulcesi group, convergono su un risultato preoccupante: oltre a perdere 1.500 laureati in medicina all'anno (i quali scelgono altri Paesi per le specializzazioni), l'Italia va incontro ad un danno economico non indifferente, giacché la formazione ammonta a 150mila euro per ogni singolo medico che emigra.

La regione che sta perdendo il maggior numero di medici è il Veneto. La meta più ambita, invece, è la Gran Bretagna con il 33% delle preferenze, seguita dalla Svizzera con il 26%. Questi numeri, uniti al numero chiuso della Facoltà di medicina, mette a rischio il Servizio sanitario nazionale. Gli specialisti che si trasferiscono all'estero sono perlopiù ortopedici, pediatri, ginecologi e anestesisti.

Infine, secondo il Rapporto del 7 gennaio del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao Assomed, se questo trend non verrà invertito, nel 2025 potrebbe diventare ancora più difficile curarsi in Italia, perché potrebbero mancare ben 16.500 specialisti tra pediatri, internisti, ortopedici e psichiatri.