Il termine "blastare" è uno dei tanti neologismi coniati nell'era dei social network. Proviene dal verbo inglese "to blast". È stato inserito nel dizionario della Treccani nel 2018, per cui vuol dire: "attaccare e zittire l'interlocutore dall'alto di una presunta superiorità intellettuale e morale".

I blastatori italiani

I blastatori italiani sono numerosi. Ci hanno abituato al tacitamento dei loro interlocutori soprattutto a mezzo social. Il blastatore italiano per eccellenza è certamente Enrico Mentana, direttore del TG La 7, molto attivo sui social.

Il suo primato è dimostrato dal fatto che sono sorte numerose pagine su Facebook ed Instagram e diversi video satirici sono stati realizzati per ironizzare sulle sue qualità di "blastatore". Scorrendo sulle sue pagine è abbastanza facile trovare commenti in cui "blasta" i suoi contestatori, a volte insultandoli. Un altro blastatore molto celebre è il medico Roberto Burioni, attivissimo contro i "No-Vax" ed i "Free-Vax". Anche lui, purtroppo, ricorre spesso all'insulto.

Il blastaggio di Giuseppe Conte

Un blastatore emergente, poco attivo sui social, ma molto nelle sedi istituzionali, è Giuseppe Conte. Dal celebre discorso in Senato del 20 agosto scorso sembra averci preso gusto nel "blastare" i suoi ex alleati e, in maniera particolare, Matteo Salvini.

In quel discorso ha manifestato tutta l'insofferenza maturata in 14 mesi di governo, caratterizzati da un clima di "perenne campagna elettorale". Conte si candida a rivoluzionare il mondo del "Blast", con particolare riferimento a luogo e contenuto.

I blastatori storici hanno sempre operato a mezzo social. Difficilmente guardando negli occhi l'interlocutore.

I blast, in sostanza, non sono mai stati oggetto di un confronto o di un dibattito, bensì di una breve risposta ad un commento critico. Giuseppe Conte, invece, ha sempre blastato Salvini in un'aula parlamentare, quella del Senato, prima avendo il suo ex ministro dell'interno seduto accanto e poi di fronte.

Difficilmente, inoltre, prima di Conte, i blast venivano motivati.

Come già detto erano caratterizzati da un insulto, che, spesso, non veniva argomentato. Questo è dovuto al fatto che i contestatori spesso provocano, accusano o scrivono slogan.

Il Premier, invece, non ha mai insultato Salvini, né la Lega: ha sempre argomentato ogni accusa ed ogni critica. Invece di dargli del "dittatore" o dell'"ignorante", come, probabilmente, avrebbe fatto un qualsiasi altro blastatore, ha formulato un discorso ben più articolato in cui ha detto che "chiedere pieni poteri, sollecitare i cittadini a votare ogni anno, o comunque, in base alle proprie convenienze elettorali e provocare una crisi di governo in pieno agosto denota scarsa sensibilità istituzionale e scarsa cultura Costituzionale".

Salvini si è trovato palesemente in difficoltà. Conte lo ha schiaffegiato e spiazzato con uno stile ed un garbo disarmanti, che si pongono in esatta antitesi rispetto a quelli di Salvini, caratterizzati, invece, dall'insulto all'avversario politico, dalla critica pubblica all'operato di colleghi ministri, dallo svolgimento di funzioni di altrui competenza o dal Papeete. La sua insofferenza l'ha manifestata utilizzando l'ironia nel suo discorso di martedì al Senato, in cui l'ha definito "traditore", "sleale", "inchiodato alla poltrona", "l'uomo che sussurrava alla Merkel" e "Conte-Monti", asserendo, inoltre, che "lo stile non dipende solo dalla cravatta, dalla pochette e dal capello ben pettinato".

Piccata la risposta/blast del Premier, il quale, con il solito garbo ha ricordato a Salvini di non poter essere lui a decidere delle sorti della Politica italiana, ricordando che: "Con una certa arroganza e scarse cognizioni di diritto Costituzionale una forza politica ha ritenuto di attivare unilateralmente una crisi di governo, e questo è pienamente legittimo", ma di "non poter unilateralmente decidere di portare il paese alle elezioni o in campagna elettorale, né farlo da ministro dell'interno".

Nei suoi interventi di lunedì e martedì in Parlamento, Conte ha riservato dei "blast" anche al gruppo parlamentare della Lega, che già da lunedì alla Camera interrompeva il Presidente del Consiglio con urla e cori da stadio.

Lunedì ha ricordato che: "I Ministri della Lega avevano giurato nell'interesse esclusivo della Nazione, non del Partito". Martedì, a seguito del coro "dignità", ha fatto notare che "La dignità deriva solo dal fatto di servire con onore e massimo impegno il Paese. Cosa c'è di dignitoso in tutti i voltafaccia dei giorni scorsi?".

La chiave del successo del Presidente potrebbe coincidere con la rivoluzione del mondo del blast italiano, che diventerebbe un "blast elegante" e determinerebbe anche una rivoluzione nel linguaggio della politica. Si abbandonerebbero gli insulti e gli attacchi a mezzo stampa e si ripristinerebbe, finalmente, il sano confronto democratico.