A qualche giorno di distanza dalle dichiarazioni di Donald Trump che ha avanzato pretese territoriali su Groenlandia, Panama e Canada, il mondo è ancora intento a domandarsi se il presidente degli Stati Uniti eletto a novembre stesse scherzando, facendo ancora campagna elettorale o preparando una partita a Risiko su scala mondiale. Ma una cosa è certa: quando Trump parla, il mondo intero ascolta, spesso trattenendo il fiato o le risate.
La Groenlandia: un iceberg da mettere in vetrina
L'idea di acquistare la Groenlandia, già ventilata da Trump nel 2019, è tornata con forza.
Probabilmente, l'ex presidente avrà pensato che una regione così ricca di risorse naturali e strategicamente posizionata fosse la ciliegina sulla torta per il “Grande Sogno Americano”. Certo, la risposta glaciale della premier danese Mette Frederiksen – che ha definito la proposta "assurda" – non avrà fatto piacere, ma possiamo immaginare Trump mentre replica tra sé e sé: “Assurdo? Vedremo chi ride quando ci saranno basi militari americane anche sui ghiacciai!”
A posteriori, la proposta appare quasi poetica: la Groenlandia come simbolo di un’America espansa non solo nei confini, ma anche nei sogni. Un sogno che, però, si scontra con la dura realtà: i danesi non vendono il loro giardino ghiacciato, e il mondo non è un ipermercato di cui gli Stati Uniti possano fare razzia.
Panama: il ritorno dello zio Sam?
La questione del Canale di Panama, invece, tocca corde più geopolitiche. Trump avrebbe probabilmente visto la restituzione del canale a Panama come una “svendita” imperdonabile. Per lui, riportarlo sotto il controllo americano sarebbe stato un atto di giustizia storica. Possiamo immaginare che, osservando il traffico navale gestito anche da operatori cinesi, abbia pensato: "Ragazzi, stanno giocando nel nostro cortile e noi stiamo a guardare?
”
Resta da capire come questa visione si concilierebbe con la diplomazia internazionale. Panama, da parte sua, avrà certamente riflettuto sull'opportunità di rivedere le misure di sicurezza... o magari di aggiornare i manuali di diritto internazionale per respingere eventuali "compravendite creative".
Il Canada: amici o 'futuri Stati Uniti del Nord'?
La vera sorpresa è stata il Canada, incluso nella mappa mostrata da Trump con un’inquietante nonchalance. Immaginare il pacifico vicino del nord come parte degli Stati Uniti potrebbe sembrare la trama di un film di fantapolitica. Ma Trump avrà forse pensato: “In fondo siamo già così simili, che senso ha stare divisi?”
Da Ottawa non sono arrivate risposte ufficiali, forse per l’imbarazzo o per la consapevolezza che certe idee non meritano di essere prese sul serio: Trudeau avrà preferito concentrarsi sui problemi di casa sua e sulla sua recentissima rinuncia al seggio di primo ministro.
La reazione europea: Meloni e il risiko del Mediterraneo
Giorgia Meloni, sempre pronta a offrire una lettura strategica degli eventi, ha interpretato le mosse di Trump come un messaggio ai grandi rivali globali.
Avrà forse pensato: “Se si prende la Groenlandia, noi ci candidiamo per Malta?”.
Certo, la premier italiana ha fatto notare che certe dinamiche richiedono dialogo e concertazione, ma il sospetto che Trump stesse giocando a spingere i confini del possibile resta.
Trump: il Re del Risiko o il Joker della geopolitica?
A mente fredda, le dichiarazioni di Trump sembrano più un esercizio di stile che una reale strategia geopolitica. Tuttavia, il fatto che il mondo intero abbia dedicato giorni a discutere le sue parole dimostra il peso del personaggio. Trump è il re delle provocazioni, capace di trasformare qualsiasi tavolo in una piattaforma mediatica.
Forse non vedremo mai la Groenlandia diventare il 51° stato americano, né il Canada aggiungere stelle alla bandiera a stelle e strisce, ma una cosa è certa: Trump sa come tenere il mondo con il fiato sospeso. E chissà, magari la prossima volta sorprenderà con un piano per comprare l’Antartide. In fondo, ha già dimostrato che non c’è limite alla sua immaginazione.