Aumenta la tensione tra America e Russia. Il ministro degli Esteri di Mosca Lavrov ha detto ieri che "Washington ha apertamente dichiarato il suo diritto di usare la forza unilateralmente ovunque nel mondo per difendere i suoi interessi" specificando che sono in corso addirittura "ingerenze militari" degli Stati Uniti in Siria. La posizione espressa dal Cremlino potrebbe creare una situazione molto pericolosa nel caso in cui Putin (alleato da anni del regime di Assad) dovesse decidere di contrastare, a livello militare, i raid americani sul suolo siriano in quanto ciò causerebbe l'inizio di una vera e propria terza guerra mondiale o un conflitto indiretto tra le due superpotenze come quello avvenuto tra le due Coree tra il 1950 e il 1953 (il nord era sostenuto dall'Urss mentre il Sud dagli Usa).

Le dichiarazioni di Lavrov si collocano all'interno di un contesto regionale che si sta progressivamente deteriorando perché se da una parte il regime di Damasco e quello iraniano hanno mostrato la propria disponibilità a combattere l'Isis, dall'altro sono nel mirino dell'occidente per alcuni motivi. Il regime siriano è stato accusato di avere violato l'accordo sullo smantellamento del proprio arsenale chimico in base al patto stipulato tra il suo governo, quello americano e russo. Teheran è al centro dell'attenzione internazionale per le profonde divergenze emerse nell'ultimo round di incontri sulla questione del nucleare con i paesi occidentali che continuano a ritenere plausibile la possibilità che il paese si doti di ordigni nucleari che potrebbero rappresentare una minaccia alla sicurezza di Israele che è a sua volta alleato storico degli Stati Uniti.

Il governo di Tel Aviv è in stato di massima allerta per possibili attacchi, nella regione del Golan, provenienti dal territorio siriano.

La Turchia ha annunciato, nelle scorse ore, la propria disponibilità a intervenire in Siria anche con truppe di terra a patto che sia stipulato un preciso accordo internazionale (nei giorni scorsi il premier Erdogan ha avviato delle consultazioni con i paesi della Nato per valutare la possibilità di creare una no fly zone su alcune parti della Siria che provocherebbe probabilmente però una netta condanna di Assad e ovviamente di Putin).

Lo scenario appena delineato è reso ancora più complesso in quanto tutti i paesi, in primis gli Usa, che oggi combattono l'Isis e che hanno elevato lo stato di allerta in vista di possibili attentati sul proprio territorio sono stati quelli che hanno favorito la creazione dello Stato Islamico mediante il sostegno militare informale e apparentemente non letale ai ribelli che combattevano il regime siriano, i quali inizialmente erano riuniti in un'unica struttura istituzionale.

La situazione siriana non è l'unica a creare preoccupazione in quanto la crisi ucraina, nonostante il cessate il fuoco tra le parti in conflitto, rischia di esplodere da un momento all'altro.

Il capo della Casa Bianca Obama ha pronunciato un discorso poco gradito dal suo omologo russo poiché ha affermato, nel suo intervento di mercoledì scorso all'Onu, l'illegittimità del governo siriano, la necessità di armare i ribelli contro Assad e l'Isis (gli Usa hanno stanziato, a tale fine, 40 milioni di dollari) e quella di penalizzare Mosca dal punto di vista economico e politico mediante l'approvazione di nuove sanzioni per i continui disordini provocati in Ucraina orientale. La pericolosità della situazione che si è creata è dimostrata anche dal fatto che la Russia non è più considerata dalla Nato come un partner ma come un elemento ostile.

L'Alleanza Atlantica ha rafforzato pertanto le strutture difensive dei suoi membri nell'Europa orientale ma tali mosse vengono viste dal Cremlino come una minaccia da fronteggiare mediante un rafforzamento del proprie forze armate e un'allerta permanente che le rende pronte a qualsiasi evenienza che speriamo di non dovere mai raccontare.