La Russia ha chiesto ieri agli Stati Uniti un reset nelle loro relazioni a causa delle divergenze sempre più numerose su temi come la crisi ucraina, la lotta contro l'Isis guidata dagli Stati Uniti e dai loro alleati e le nuove accuse americane sull'uso di armi chimiche da parte del regime siriano (sostenuto da Putin). Questi problemi di stretta attualità derivano da una fonte comune cioè il progetto dello scudo spaziale della Nato finalizzato a proteggere i Paesi occidentali dalle minacce di governi potenzialmente ostili ma che viene valutato da Mosca come un pericolo alla propria sicurezza nazionale.

Le dichiarazioni provenienti in questi giorni dalle due superpotenze, circa la volontà di evitare ogni forma di conflittualità economica, politica e militare contrastano con gli eventi sul campo per la decisione del Pentagono di armare i ribelli siriani non solo per sconfiggere lo Stato Islamico ma anche per rovesciare il regime di Damasco e per la tregua sempre più scricchiolante tra i separatisti ucraini (sostenuti da Mosca) e le truppe regolari di Kiev nella parte orientale del Paese.

Le due crisi paiono collegate e mostrano la loro pericolosità dal momento che nella zona mediorientale ne esistono altre poichè l'Iran, protetto militarmente al pari di Damasco da Russia e Cina, aspirerebbe ad assumere lo status di potenza nucleare (ciò minaccerebbe Israele che è alleato degli Stati Uniti) e i palestinesi continuano a rivendicare il diritto di creare un proprio Stato che Tel Aviv non vede di buon occhio.

L'Europa orientale teme invece l'espansionismo russo per la decisione di Mosca di tutelare le proprie minoranze presenti all'estero se i loro diritti fossero calpestati e di creare una "Nuova Russia" che rispecchi l'Unione Sovietica in contrapposizione alla Nato (il Ministero degli Esteri russo ha comunicato che prossimamente le forze armate rafforzeranno il loro arsenale nucleare e convenzionale).

Le notizie provenienti dalla Cina non sono più tranquillizzanti dal momento che sono in corso violente manifestazioni, condannate dal governo di Pechino, a Hong Kong per chiedere elezioni democratiche e a Taiwan (le autorità di Taipei commerciano regolarmente armi con gli Usa) per richiedere l'indipendenza che il governo cinese non vuole concedere.

La politica estera di Obama si è concentrata, negli ultimi anni, sull'invio di navi militari in Asia per tutelare l'alleato giapponese dalle minacce di Pechino per le Isole Senaku (rivendicate da entrambi i Paesi) e quello sud coreano per scoraggiare il Nord dall'avviare azioni ostili; entrambe le crisi potrebbero generare un conflitto sicuramente regionale e non solo. La Cina è vista dagli americani come un pericolo dal momento che sta tentando di rubare il loro storico primato mondiale al livello economico, tecnologico e militare mentre Pechino considera le azioni Usa di contenimento nei suoi confronti come profondamente pericolose per la stabilità internazionale.

I rischi di una nuova guerra fredda o di un vero e proprio terzo conflitto mondiale come è stato vissuto più di mezzo secolo fa sono altissimi; il fatto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite continui ad essere composto e paralizzato sulle questioni rilevanti dai cinque Paesi che detengono il potere di veto è un altro segno che conferma questa drammatica tendenza.