Aleppo riesce a respirare per qualche ora dopo gli scontri cruenti delle passate settimane. Un ‘regime di silenzio’ di 48 ore è il risultato del lavoro diplomatico dei giorni scorsi. La calma però è già interrotta dalle schermaglie attribuite a entrambi gli schieramenti, e mentre la segreteria di stato statunitense e il ministero della difesa russi si dicono soddisfatti per il risultato raggiunto, in Siria le dichiarazioni del presidente al-Assad e quelle dei rappresentanti delle opposizioni non fanno presagire niente di buono per il proseguimento dei colloqui di pace.
Una tregua molto fragile
Dopo giornate di intense trattative, finalmente Russia e Stati Uniti sono riusciti a convincere forze governative e gruppi di opposizione della necessità di una tregua anche per la città di Aleppo. Gli eventi delle ultime settimane nel nord della Siria hanno inferto un colpo letale all’avanzamento dei colloqui di pace di Ginevra ed hanno martoriato la popolazione civile di Aleppo, senza risparmiare gli ospedali e il personale umanitario. Il Comando dell’Esercito e delle Forze Armate Siriane ha dichiarato che a partire dalle ore 1:00 di giovedì 5 maggio sulla zona di Aleppo è in corso un ‘regime di silenzio’ di 48 ore, ma già dalle prime ore dell’alba sono state denunciate violazioni della tregua da entrambe le parti.
Da un lato l’esercito ha denunciato la violazione della tregua da parte di gruppi islamisti che hanno bombardato alcune aree residenziali della città sotto il controllo governativo, dall’altra sono stati denunciati bombardamenti da parte dell’aviazione sirianasulle aree rurali attorno ad Aleppo.
Nonostante ciò, questa mattina ad Aleppo, nelle zone residenziali, diversi negozi hanno riaperto e le strade hanno ripreso timidamente a vivere.
Anche se questa condizione non presuppone un ritorno alla normalità, permette ai residenti di approvvigionarsi e di vivere per qualche ora senza la minaccia delle bombe.
Dichiarazioni contrastanti
Un comunicato del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti recitava: "Ci aspettiamo che la Russia come co-presidente del Gruppo Internazionale di Sostegno alla Siria faccia pressione sul regime di Assad affinché rispetti questo impegno, e gli Stati Uniti faranno la loro parte con l’opposizione”, e mentre anche le dichiarazioni di un portavoce del Ministero della Difesa russo parlavano di un miglioramento nel processo di riconciliazione nelle province siriane arrivavano le dichiarazioni contrastanti del presidente siriano al-Assad e quelle del coordinatore dell’opposizione siriana Riad Hijab.
Il primo faceva sapere, come riportato dall’agenzia siriana Sana, che “le nostre città, le persone e l'esercito non saranno soddisfatti fino alla sconfitta del nemico e al raggiungimento della vittoria”. Quasi contemporaneamente, a Berlino, nella conferenza stampa successiva all’incontro con i ministri degli esteri tedesco e francese il coordinatore dell’opposizione dichiarava: "Il regime non ha la volontà di discutere di un governo di transizione e per noi è impossibile discutere la questione di un governo di transizione, un governo di unità. Non sarà possibile una soluzione politica con la partecipazione di Bashar al-Assad”.
La tregua ad Aleppo forse aiuta il dialogo ma la Siria resta in guerra
Anche se la tregua ad Aleppo era un obiettivo prioritario per la ripresa dei negoziati di pace e per alleviare le condizioni della popolazione locale, non va dimenticato che la Siria resta una polveriera. Il paese continua ad essere attraversato da focolai di guerra soprattutto nelle zone controllate dai ribelli non inclusi nella tregua di febbraio. Si stanno inasprendo, infatti, gli scontri per il controllo delle zone ricche di risorse naturali, come i giacimenti di gas di Shaer a nord di Palmira, dove le forze dell’Isis stanno tenendo impegnate le forze lealiste che avevano riconquistato la città nel mese di marzo. La tregua è necessaria ma non è altro che un granello di sabbia nel deserto.