La tanto rivoluzionaria riforma della pubblica amministrazione voluta dal governo Renzi è stata bocciata per incostituzionalità dalla corte costituzionale. Dopo un esposto della regione Veneto che aveva impugnato la riforma, la corte si è pronunciata a sfavore del Ministro Madia e del governo di cui fa parte.
Renzi: "è la prova che il paese è bloccato"
Ovviamente non si sono fatte attendere le parole del Premier, bocciato in questa delicata fase elettorale referendaria, giocando di sponda con la retorica dell'immobilismo italico per giustificare una particolare invece situazione di inefficienza perlomeno di chi ha scritto formalmente la legge.
Questa bocciatura crea adesso un inevitabile slittamento dell'approvazione della legge e già vociferano indiscrezioni che il testo piuttosto che essere emendato venga direttamente ritirato.
Cavillo della questione è la non collegialità dei provvedimenti del governo per quanto riguarda materie che hanno interesse anche regionale, come dirigenze, partecipate, politiche degli enti locali, cosa che anche il quesito referendario in un qualche modo vorrebbe superare con la modifica del titolo V della costituzione e la ormai famosa clausola di supremazia di stampo governativo. In questa particolare fase politica non poteva non arrecare un grosso danno d'immagine all'aspetto rivoluzionario o presunto del governo del giovane rottamatore.
Infatti i comitati referendari hanno attaccato a muso duro la corte tacciandola di essere formalisticamente rigida ma, purtroppo per loro, la Costituzione al momento richiede il consulto delle regioni e pertanto la corte non poteva altrimenti pronunciarsi se non in questa direzione.
Ora vedremo i prossimi sviluppi, soprattutto dal passaggio referendario capiremo se la legge potrà essere riportata nella medesima forma o emendata come richiesto.
Intanto i vincitori di questa fase sono senza dubbio i sindacati di categoria che hanno in questi mesi protestato e si sono opposti a tale riforma, pertanto aspettiamo gli esisti referendari per sapere chi vincerà alla fine il braccio di ferro sindacati-regioni-governo.