All’indomani del voto degli elettori che ha nominato Donald Trump prossimo inquilino della Casa Bianca, il tempo della campagna elettorale finisce e si inizia a fare i conti con la realtà dei fatti. Di promesse, durante il dibattito pre-elettorale, se ne fanno tante, ma quando si tratta di mettersi in azione, si sa, tutti i nodi vengono al pettine. Questo è quello che sperano gli elettori che si sono espressi in favore di Hillary Clinton, attoniti di fronte alla sconfitta e speranzosi nel fatto che Trump dovrà ridimensionare le proprie intenzioni scontrandosi con gli ostacoli di obiettivi troppo complicati da realizzare.
Fra le tante carte giocate dal tycoon una delle più discusse e d’effetto è stata quella di voler costruire (o meglio, ultimare) il muro alla frontiera fra Stati Uniti e Messico, come mezzo definitivo per porre un freno all’immigrazione clandestina. Quello che ci si chiede è se un’impresa del genere possa essere ritenuta verosimile o se siamo semplicemente di fronte ad un’opera irrealizzabile che non vedrà mai la luce.
Al giorno d’oggi le zone maggiormente presidiate si trovano negli stati di California, Arizona e New Mexico, con porzioni di muri e recinzioni discontinue che si alternano a confini presidiati da sensori laser e droni. Lungo i 3200 chilometri di frontiera è oggi impiegato il maggior numero di poliziotti delle forze statunitensi che nel 2010 ammontava a 20.000 unità e, per mantenere la vigilanza nei tratti controllati, nel 2012 il governo ha speso più che per mantenere FBI e Dea messi insieme, ovvero intorno ai 18 miliardi di dollari.
Le recinzioni presenti a oggi sono costate intorno ai 7 miliardi di dollari, dicono gli analisti, mentre il progetto richiesto da Trump dovrebbe essere calcolabile nell’ordine dei 12 miliardi di dollari, sebbene molti sostengano che il prezzo effettivo potrebbe anche essere il doppio, dovendo il nuovo muro affrontare percorsi spesso accidentati che farebbero lievitare in maniera sostanziosa i costi.
Sembra perciò altamente improbabile che gli Usa possano permettersi una spesa del genere.
Proprio per questo, Trump aveva ribadito la sua volontà di far pagare le spese direttamente al messico. Su questo punto ha espresso il suo palese disaccordo Enrique Peña Nieto, presidente messicano, nonostante le minacce di Trump di bloccare, in caso di diniego, tutte le rimesse inviate dai messicani residenti negli Stati Uniti. Altra opzione che, ancora una volta, in molti giudicano difficilmente realizzabile.