La carta costituzionale è fatta di tre parti: I principi fondamentali (artt. 1-12); la parte prima sui diritti e i doveri dei cittadini (artt. 13-54) e la parte seconda (artt. 55-139), denominata “ordinamento della Repubblica”.

16 dei famosi 47 articoli emendati subiscono cambiamenti consequenziali, cioè a seguito di modifiche sostanziali di altri articoli. Sopprimendo la parola “Provincie”, per esempio, tutti gli articoli dove essa c’è subiscono modifiche irrilevanti. Contando ciò gli articoli che in un modo più profondo vengono modificati sono 30 degli 139 articoli che formano la costituzione.

Referendum: entriamo nel merito

La riforma va a creare un Senato rappresentante dei comuni e delle regioni per dare voce a tutte le necessità e i problemi che attraversano le realtà territoriali. Sarà formato per la maggior parte da consiglieri regionali e da sindaci, ma ci saranno anche dei senatori nominati dal presidente della repubblica in carica per 7 anni. Per le modalità di elezione si rimanda a leggi post-referendum.

Spariscono le provincie nella costituzione per permettere di abolirle con una legge ordinaria e sparisce anche il CNEL, organo consulente del parlamento sulle materie legate al lavoro e all’economia. In 70 anni di attività ha prodotto 2 ddl (disegni di legge) e nessuna legge effettiva.

Costo stimato di 1 miliardo dalla sua creazione.

Con il nuovo senato si andrà a trasformare l’attuale bicameralismo perfetto in un bicameralismo differenziato in cui la Camera potrà legiferare ddl ordinari e non. In alcuni casi (quelli previsti dall’articolo 70) la legge passerà anche al Senato che entro 10 giorni potrà modificare o meno il testo, una volta tornato alla Camera, quest’ultima potrà pronunciarsi in via definitiva sul ddl.

Come mai si parla così tanto di questo referendum? La risposta è abbastanza articolata.

La fiducia nel “sistema” e nelle istituzioni è sempre più precaria e assente. Le persone, quella classe formata da operai, formata dai non-benestanti è come se si fosse risvegliata dal torpore in cui era avvolta. Il loro risveglio ha combaciato con la nascita di alcuni movimenti politici che hanno assecondato le loro richieste e che hanno avuto soluzioni, non sempre reali, per i loro problemi.

Da qui a tre anni siamo nel vivo di questo momento che sta prendendo piede in tutto il mondo occidentale, da La Le Pen in Francia a Trump negli States. Questo Referendum, per moltissimi elettori, è la resa dei conti. Il momento in cui si può destabilizzare il cosiddetto sistema. Questa situazione comprometterà, purtroppo, ciò che realmente rappresenta e incarna questo voto, ossia una stabilità, un cambiamento che può salvare questo paese per ridargli slancio e visibilità internazionale. Indipendentemente da come andrà o da quale parte si sostiene non si può nascondere che il risultato di questo voto metterà in luce quella divisione che da anni, nemmeno in maniera così nascosta, domina l’Italia.

Nel rispondere alla parola “Perchè è importante?” ci si può imbattere in più conclusioni.

La prima è dettata dal fatto che questa riforma istituzionale renderebbe l’Italia un paese più veloce, meno burocratico e al pari dei suoi fratelli europei in materia legislativa e decisionale. Entrando nel merito non si può negare che un’azione del genere era necessaria da moltissimi anni nel nostro paese.

La seconda conclusione sul perchè è importante il referendum del 4 Dicembre è da ricercare sulla situazione post-referendum. Una vittoria del No renderebbe sterile tutto il cammino che si è fatto fino a qua. Potrebbe affermare l’ascesa di poteri forti e demagoghi che avrebbero la strada spianata davanti a un indebolimento del governo e dei partiti che fino ad ora hanno portato una fondamentale stabilità in Italia.