Il 20 gennaio è accaduto. È iniziato il mandato di The Donald, e come nelle migliori strategie di marketing della Business School d'oltreoceano, è stato proprio il buon magnate ad annunciarlo con un tweet: -tutto inizia oggi- afferma il new President, -the show must go on- bisognerebbe rispondergli, se non fosse che, citando l'ei fu Freddie Mercury, si potrebbe leggere un (forse troppo) velato riferimento a quella pagina web dedicata alla comunità gay e transgender recentemente scomparsa dal sito WhiteHouse.gov e rapidamente sostituita da: "aggiornamenti e iniziative politiche della nuova Amministrazione".

E non è l'unica novità della vetrina web (e non) dello scintillante inedito governo statunitense: via i diritti civili e spazio alla Solidarietà con le forze dell'ordine, niente più tematiche ambientali o climatiche, ma sì ad un piano energetico da record basato sullo sviluppo delle fonti fossili e sullo smantellamento dell'Agenzia per la tutela dell'ambiente. Basta con l'immigrazione e la sanità, piuttosto preoccupiamoci di innalzare muri e di eliminare il diritto di cittadinanza per nascita perché "una nazione senza confini non è una nazione". E sulla scorta delle delle rinnovate priorità legislative anche un restyling (se non completo quasi) del look della Casa Bianca. "Cancellare l'amministrazione Obama" è lo scopo e per farlo perché non partire dallo stile?

Tendaggi e tappezzerie dorate, spazio al busto di Churchill e via Martin Luter King, avanti con la sala make up per le esigenze estetiche della ex modella Melania e ... l'orto di Michelle? Per ora è ok, ma col tempo chissà che fine farà l'agriculture dell'ex First Lady.

Tutti i nemici del presidente

E sull'onda dell'innovazione il 23 gennaio è stata data la notizia del ritiro degli USA dal TPP (accordo commerciale Trans Pacifico).

Decisione questa che non solo conferma la volontà del tycoon di riscrivere "ogni atto esecutivo, memorandum e ordinanza incostituzionale del presidente Obama", ma che inoltre, rafforza quella tendenza filo-cinese manifestamente espressa in campagna elettorale e, alla luce dei fatti, particolarmente favorevole per una nazione evidentemente destinata a giocare un ruolo di primo piano in Asia grazie all'ormai siglato disimpegno statunitense in tema di libero scambio.

Ma come se non bastasse, ecco in arrivo la stagione degli ordini esecutivi: costruzione del Muro anti-Messico, stop ai finanziamenti federali alle sanctuary cities, basta con i gruppi internazionali che praticano l'aborto e, soprattutto, fine della stampa mendace.

Una politica tutta con l'America e per l'America quella del neo Presidente statunitense, un filo conduttore semplice e lineare: assoluta priorità degli interessi e ripresa del controllo delle politiche economiche americane per una nazione con meno solidarietà e immigrazione, ma certamente con più posti di lavoro e industrie.