Ieri, mercoledì 11 ottobre, la Camera dei Deputati ha votato la fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, degli articoli 1 e 2 della legge elettorale ribattezzata ''Rosatellum bis''. A favore hanno votato PD, AP, Civici e Minoranze Linguistiche, mentre Forza Italia e Lega Nord, pur essendo d'accordo sul voto finale, sono uscite dall'Aula. Oggi la fiducia sull'articolo 3 e poi il proseguimento dell'esame del provvedimento.

Aspre critiche e parole pesanti sono uscite dalla bocca delle opposizioni. Articolo 1-MDP e Movimento 5 Stelle, dopo aver bollato il modus operandi dell'Esecutivo come ''grave strappo istituzionale'' e ''atto eversivo'', hanno radunato migliaia di persone in piazza.

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, senza giri di parole ha definito la legge ''uno schifo''. Ma davvero possiamo considerare la fiducia sulla legge elettorale come un atto offensivo nei confronti di una democrazia parlamentare?

Innanzitutto, bisogna affermare la distinzione tra questione di fiducia e mozione di fiducia. Quest'ultimo istituto, disciplinato dall'articolo 94 della Costituzione, permette al Governo di entrare ufficialmente in carica se entrambe le Camere accordano la fiducia. La questione di fiducia, invece, non è prevista espressamente dalla Costituzione, ma è disciplinata dai regolamenti interni di Camera (art. 116) e Senato (art.161), nonché dalla legge n.800 del 1988, che, però, si rifanno al vincolo fiduciario suddetto.

Infatti, nel caso in cui la fiducia su una legge venga respinta, il Governo di turno è tenuto a rassegnare le dimissioni, perché privo del consenso necessario a perseguire la propria azione. Viceversa, nel caso in cui la fiducia venga accordata, tutti gli emendamenti e stralci decadono, permettendo un'accelerazione dell'iter legislativo e, al contempo, un indebolimento dell'attività ostruzionistica, tipica dell'opposizione.

Non a caso, molti deputati della maggioranza, da Fiano a Rosato, hanno richiamato, tra i tanti motivi, anche gli oltre 100 voti segreti presentati dall'opposizione per giustificare l'apposizione della fiducia.

Partendo da questo doveroso chiarimento, si possono, dunque, facilmente respingere tutte le accuse di eversione e di anti-democraticità, frutto di un lessico politico sempre più volto all'esasperazione e rivolte all'azione di Governo in corso.

La questione di fiducia è pienamente legittima e lecita, perché cristallizzata all'interno del nostro ordinamento. Tuttavia, si tratta di una legittimità che traspare sul piano meramente normativo e non su quello etico. L'etica, nella sua accezione ristretta, si distacca dalla Politica, in quanto comprende la sfera dei comportamenti giusti o ingiusti, buoni o cattivi e non giuridicamente leciti o illeciti.

Invero, è proprio la loro separazione aprioristica che ha scavato un solco profondo tra governati e governanti, favorendo la crescita dei populismi in tutta Europa. Si è diffusa e si sta diffondendo sempre di più, cioè, l'idea che la politica persegua unicamente interessi particolaristici e non generali, al fine di conservare un assetto di poteri favorevole.

Nel caso italiano, certamente un'aggravante è costituita dai precedenti, dal momento che la fiducia è stata posta soltanto in due occasioni (in merito alla legge elettorale): Legge ''Truffa'' nel 1953 e Italicum nel 2015. Entrambe le leggi hanno ricevuto dalla storia un giudizio negativo quasi unanime, se pensiamo al solo fatto che la prima fu abolita appena un anno dopo la sua promulgazione, mentre la seconda è stata radicalmente modificata dopo il vaglio della Corte Costituzionale ad inizio anno. Allargando, poi, la nostra panoramica al di là della storia repubblicana, un altro precedente è rappresentato dalla Legge Acerbo del 1923, sotto il Ventennio fascista, che assegnava 2/3 dei seggi alla lista che superava soltanto il 25% dei voti.

Tutti i casi citati contribuiscono a rendere il quadro generale ancora più fosco agli occhi dell'opinione pubblica, la quale, sotto la pressione della feroce dialettica politica, entra in una sorta di psicosi collettiva, producendo anticorpi contro il presunto golpista di turno.

Ciò detto, il Parlamento è l'unica istituzione democratica che ne esce sconfitta. Esso è, per sua definizione, il luogo dove la volontà popolare si esprime, il luogo che deve educare alla politica e al funzionamento della macchina pubblica, il luogo di discussione e di controllo dell'attività di Governo. Se queste funzioni vengono meno in questioni così complesse e importanti, una Repubblica parlamentare, come quella italiana, ne risulta gravemente depotenziata.

Ecco, così, che la legittimità giuridico-politica perde di valore e acquista peso invece l'opportunità politica, influenzata da un senso etico e morale più o meno preponderante.

Sarebbe ora che etica e politica tornassero a viaggiare sullo stesso binario, ricreando quel binomio inscindibile che determina effetti positivi per l'una e per l'altra, ma soprattutto per la credibilità di una classe politica sempre più vituperata e distaccata dalle esigenze popolari.