Da uno studio condotto dalla ONG Freedom House è emerso un aumento del numero dei governi che, quest’anno, si sono serviti dei social media per strumentalizzare il dibattito politico e manipolare l’informazione sul web. Secondo i dati esposti nel rapporto annuale "Freedom on the Net", infatti, i paesi sotto accusa sarebbero passati da 23 nel 2016 a 30 nel 2017. L’indagine è stata condotta su 65 paesi, all’interno dei quali si concentra l’87% del traffico complessivo di informazione online nel mondo.
L'accusa
I 30 paesi colpevoli di aver promosso la disinformazione sono accusati di aver falsificato l’informazione sul web a fini propagandistici e di repressione del dissenso online attraverso fake news, commentatori pagati, siti di notizie falsi e troll.
Si tratta di metodi che, come rileva l’organizzazione, sono complessi da contrastare, molto più della censura tradizionale, di cui un esempio è l’oscuramento di pagine web, che si può aggirare utilizzando una rete internet privata (Vpn). In cima alla classifica stilata da Freedom House per il 2017 c’è la Cina, che conferma anche quest’anno il suo primato nell’ambito della censura sul web, dove ha reso inaccessibili le pagine straniere. Alla Cina seguono, prime fra tutti, la Siria e l’Etiopia. L’elenco continua e annovera, tra gli altri paesi che hanno registrato un peggioramento rispetto al 2016, Egitto, Thailandia, Turchia, Russia e Stati Uniti. L’Italia, come altri, sembra non aver modificato in modo significativo la propria posizione rispetto all’anno scorso.
Gli effetti devastanti della disinformazione
Freedom House punta il dito contro tutti i governi presi in esame. Michael J. Abramowitz, presidente dell’organizzazione, afferma che la distorsione dell’informazione online ha avuto e continua ad avere effetti potenzialmente devastanti sulla democrazia e sull’attivismo civico, al punto da influenzare addirittura le elezioni politiche di 18 dei paesi esaminati.
Al generale declino della libertà di informazione online, emerso dal rapporto, si aggiungono i numerosi attacchi fisici subiti da attivisti e giornalisti che lavorano sul web. In ben otto paesi la cronaca ha riportato le vicende di persone uccise solo per aver manifestato online le proprie idee. Gli episodi più drammatici si sono consumati in Ucraina, Egitto e Turchia.
La direttrice del progetto "Freedom on the Net", Sanja Kelly, ritiene che per la società civile l’unico modo per contrastare la manipolazione dell’informazione online e l’affermazione di un’agenda antidemocratica sia quello di educare i cittadini a verificare la veridicità delle notizie, al fine di identificare le Fake News e i commenti falsi.
Freedom House
Freedom House è un’organizzazione non governativa impegnata a livello internazionale in attività di ricerca, sensibilizzazione e monitoraggio dei dati relativi ai temi della democrazia, dei diritti umani e delle libertà politiche. Fondata nel 1941 a Washington D.C. da Eleanon Roosevelt, Wendell Willkie, George Field, Herbert Bayard Swope e Dorothy Thompson, Freedom House è un’organizzazione indipendente che sostiene la libertà nel mondo e la lotta alla negazione dei diritti.
Ogni anno Freedom House conduce una ricerca sul grado di tutela delle libertà civili e dei diritti politici in tutti i Paesi del mondo, il cui risultato viene esporto nel suo più celebre rapporto annuale, “Freedom in the world”. "Freedom of the Press" e "Freedom on the Net", invece, sono gli altri due rapporti annuali dell’organizzazione, che monitorano l'andamento dei dati relativi alla libertà di espressione e al diritto all’informazione, concentrandosi rispettivamente sulla libertà della stampa e sull’utilizzo di internet.