Il rogo di Pomezia, che ha fatto innalzare un’inquietante nube tossica, è stato quasi una settimana fa. Nell’attesa di conoscere, nel dettaglio, la composizione dei materiali bruciati e la quantità di veleni ai quali è stata esposta la cittadinanza, proviamo a fare il punto dei rischi a cui, a breve e lungo termine, si potrebbe andare incontro.

I malori immediati

Nel breve periodo, l’inalazione dei fumi tossici ha comportato, in alcuni soggetti che sono stati esposti alla nube, dei malesseri più o meno transitori. Sono stati registrati malori anche in zone tendenzialmente distanti dall’area in cui si è concentrata la nube, come la zona Eur a sud di Roma.

I sintomi sono: vertigini, nausee, spossatezza, sensazione di soffocamento e, in un numero limitato di casi, innalzamento repentino e transitorio della temperatura corporea. Il vero problema, comunque, si presenterà nel lungo periodo. I materiali che si sono sprigionati dall’incendio, infatti, sono dei killer silenziosi che agiscono a distanza di decenni: non si potranno valutare le conseguenze del disastro nell’immediato, poiché le ricadute sulla salute degli abitanti si avranno fra dieci o vent’anni.

La diossina

La plastica in fiamme e gli altri materiali combusti hanno prodotto sicuramente diossina, idrocarburi policiclici aromatici e particolato. Si tratta di elementi che sono il normale frutto dello smog e dell’inquinamento delle aree industrializzate.

Esse provocano certi effetti negativi sulla salute umana (si tratta, infatti, di sostanze cancerogene) e non sono benefici nemmeno per gli organismi animali (acquatici e volatili, oltre che bovini e ovini al pascolo) né per l’ambiente. Ancora da valutarsi, poi, le ricadute di tale massiccio inquinamento sulle coltivazioni e sulle falde acquifere: dovrà accertarsi, nei prossimi giorni, tramite delle analisi di campioni raccolti su larga scala, che le sostanze tossiche non abbiano contaminato ciò che mangeremo e berremo.

Non c’è da star tranquilli, comunque, poiché la diossina è stata classificata, da dieci anni oramai, come “certamente cancerogena per l’uomo”. Essa, inoltre, provoca diverse patologie, anche endocrine (che attaccano, cioè, le ghiandole che secernono gli ormoni), ma anche eruzioni cutanee, come le pustole.

L’amianto

Confermata, purtroppo, anche la presenza di amianto sui tetti dello stabilimento.

Anche l’inalazione di una minima quantità di tale materiale può provocare danni alla salute e, in particolare, il mesotelioma pleurico, che è un tipo di tumore ai polmoni. Data la sua pericolosità per la salute umana, è stato messo al bando, in Italia, nel 1992: secondo le più recenti stime, però, restano tuttora oltre 35mila siti da bonificare. L’amianto sul tetto della Eco X era incapsulato, inserito, cioè, in una pasta di resina: tale incapsulamento ne consente una relativa e temporanea “bonifica”. Il problema, tuttavia, è capire se le elevate temperature abbiano vanificato la protezione della resina e provocato la dispersione di fibre.

Come per le altre sostanze, l’amianto non provoca l’immediato decesso di chi l’abbia respirato: si stima, infatti, che il picco di decessi per mesotelioma pleurico si avrà intorno al 2030 e riguarderà tutte quelle persone che sono state esposte a tale veleno per molti anni, perché lavoravano o abitavano vicino a stabilimenti in cui si trattava l’amianto.

Questo spiega perché agli abitanti di luoghi come Casale Monferrato, in Piemonte, Bari e Priolo, in Sicilia (luoghi in cui si fabbricava l’eternit), si consiglia di monitorarsi nel tempo, anche tramite tac ai polmoni. Adesso, in ogni caso, è inutile fare controlli nell’immediato per gli abitanti di Pomezia e dintorni: nulla apparirebbe da eventuali tac, infatti. Attendiamo, dunque, i risultati approfonditi delle analisi dell’aria per capire l’entità di tale disastro ecologico.