Mangiare tanto, compulsivamente, senza però poi avere i conati di vomito o i sensi di colpa tipici della bulimia. Anche quella è una patologia, ma non etichettata come malattia come quest'ultima. In America viene definita binge eating e può avere serie ripercussioni sulla Salute del soggetto, che magari la sottovaluta bollandola come "fame nervosa", ma in realtà fagocita grassi e zuccheri in grandi quantità quotidianamente.

Per fortuna però, alcuni ricercatori americani della Boston University assieme a quelli della University of Cambridge, hanno trovato una soluzione. Al risultato hanno collaborato anche Pietro Cottone e Valentina Sabino, che lavorano alla prima università. I risultati finali del loro studio sono stati già pubblicati sulla rivista specializzata Neuropsychopharmacology. Vediamo in cosa consiste.

In pratica le abbuffate compulsive possono essere curate mediante un farmaco utilizzato per mitigare l'Alzheimer. Ciò grazie a una molecola, la memantina, che agisce in una specifica area del cervello pure individuata dagli scienziati.

Essa si chiama nucleo accumbens, un'area neurale non a caso già associata alla dipendenza da cibo e alle abbuffate compulsive. Come ci sono arrivati? Ovviamente provando sui topi. Prima li hanno fatti mangiare grandi quantità di cibi dolci, poi hanno dato loro il farmaco utilizzato per la patologia mentale e si sono accorti che la loro propensione alle pietanze golose si era arrestata. Di qui la conclusione che la memantina sia capace di arrestare la voglia irrefrenabile e compulsiva di cibo, che scaturisce in un'autentica dipendenza non certo legata alla fame o alla semplice golosità.

Ovviamente il tutto è ancora in fase sperimentale e si attendono successive conferme. Ma la scoperta si può dire già sensazionale e potrebbe aiutare molte persone affette da questa fame inarrestabile. Proprio in merito all'Alzheimer, ieri vi abbiamo parlato di una futura tecnica in fase sperimentale che potrà aiutare a capire se un soggetto è potenzialmente a rischio malattia.