Dopo le classiche statine e gli inibitori dell’assorbimento intestinale del colesterolo, come l’ezetimibe, adesso sono arrivati sul mercato degli anticorpi monoclonali ad attività ipocolesterolemizzanti, con un meccanismo assolutamente innovativo. E l'American College of Cardiology ne ha dovuto prendere atto diramando, a medici e sanitari di ogni livello, le nuove linee guida per la gestione dell’ipercolesterolemia da elevati livelli di LDL, il cosiddetto colesterolo cattivo. La sequenza farmacologica suggerita segue un percorso storico, se non altro per una questione di buon senso: non usare subito l’ultimo farmaco approvato, con i relativi costi, quando gli stessi risultati si potrebbero avere con farmaci più tradizionali e a costi più contenuti.

L’armamentario del cardiologo

Le statine, scoperte oltre quarant’anni fa, agiscono sull’enzima epatico chiamato idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA reduttasi). Risultato: riducono la sintesi di colesterolo. Poi arrivano gli inibitori del trasportatore intestinale di steroli che legandosi ad una proteina, la Niemann-Pick C1-Like 1 (NPC1L1), presente sia nelle cellule intestinali che in quelle epatiche, impediscono l’assorbimento intestinale di colesterolo e fitosteroli (steroli di origine vegetale). Appartiene a questa classe l’ezetimide (Zetia, Merck/Schering-Plough) che legandosi sulla superficie delle cellule intestinali, impedisce il passaggio del colesterolo dall’intestino al fegato.

A questo armamentario, ora si sono aggiunti gli inibitori della protein convertase subtilisin/kexin 9 (PCSK9), una glicoproteina scoperta nel 2003 che regola la produzione del colesterolo cattivo (c-LDL). Lo scorso anno sono arrivati sul mercato i primi farmaci anti-PCSK9, l’Alirocumab (Praluent; Sanofi/Regeneron Pharmaceuticals) e l’Evolocumab (Repatha; Amgen).

L’ipercolesterolemia aumenta il rischio di coronaropatie. Non solo. Circa un terzo delle malattie cardiache ischemiche che colpiscono la popolazione mondiale è attribuibile al colesterolo alto. Secondo le stime sarebbero ben 2,6 milioni i decessi causati ogni anno dall’eccesso di colesterolo, pari al 4,5% del totale dei decessi. Scopri di più grazie ai consigli del medici del Policlinico "A. Gemelli" nell'iniziativa Viaggio al Cuore del Problema, powered by Danacol.

I suggerimenti dell’American College of Cardiology

Si tratta di un’associazione non profit, con 49.000 componenti la cui missione è favorire il miglior trattamento delle patologie cardiovascolari e la prevenzione di queste ultime attraverso l’educazione professionale, la promozione della ricerca e la leadership nello sviluppo degli standard, oltre che le linee guida.

Ora hanno pubblicato su JACC (Journal of American College of Cardiology) le nuove linee guida.

Si inizia con le statine. Sono i farmaci maggiormente conosciuti ed usati e quindi in caso di ipercolesterolemia le linee guida raccomandano di iniziare da loro. Nel caso i livelli di c-LDL non diminuiscono significativamente, come farmaco di seconda scelta, si passa all’ezetimibe. Da solo o in combinazione con le statine. Ultima opzione, gli anticorpi monoclonali. Se i trattamenti precedenti non hanno sortito l’effetto desiderato allora si aggiungono o sostituiscono all’ezetimibe uno degli inibitori di PCSK9, ossia alirocumab o evolocumab.

Questo è il primo documento ufficiale pubblicato dopo l’introduzione sul mercato della nuova classe di ipocolesterolemizzanti, per dare delle linee guida cliniche a tutti i soggetti interessati.