Per quanto se ne senta parlare frequentemente, è bene sottolineare cosa sia esattamente una cellula staminale, per poter comprendere il valore del risultato a cui sono giunti i ricercatori della North Carolina State University, USA.
Una cellula staminale è una cellula primitiva (base), senza alcuna specializzazione, ma con la caratteristica di sapersi trasformare in differenti tipi di cellule, attraverso un procedimento chiamato differenziamento cellulare. Prelevabili da varie fonti, quali il cordone ombelicale, il midollo osseo, il sangue, la placenta, il sacco amniotico (nel 2008 nasce in Lombardia la prima banca del mondo per la conservazione delle staminali del liquido amniotico) ed i tessuti adiposi, sono continuamente oggetto di studi sin dal 1909 con le ricerche del tedesco Alexander A.
Maximow -che diede loro il nome- ed ancor prima da Eschilio ed Aristotele, per la loro duttilità e possibilità d’impiego nel trattamento di diverse malattie.
Le linee guida per la Ricerca e l’applicazione, vengono emesse dall’ISSCR, la principale società scientifica internazionale per la ricerca sulle cellule staminali.
La scoperta sulla rigenerazione cellulare
I ricercatori guidati da Ke Cheng, sono riusciti ad elaborare una versione sintetica di una cellula cardiaca (risultata più resistente e con una conservazione più lunga di quella naturale) e, fattore rilevante, la tecnica utilizzata è applicabile per altri organi e tessuti.
Lo studio, effettuato sia in vitro che sui topi, ha evidenziato una capacità di rigenerazione cellulare pari a quella naturale.
Senza rischi.
Come spiega Giuseppe Novelli dell'Università di Tor Vergata di Roma, tali cellule sono prive di nucleo, di Dna e sono incapaci di dividersi come le altre, evitando perciò i rischi connessi alla rigenerazione. Il pericolo principale infatti, nasce dopo l’inserimento delle nuove cellule nell’organismo, con il rischio d’insorgenza di tumori e rigetto immunitario; con la versione sintetica, il problema è stato arginato grazie anche all’impiego del Plga (acido lattico co-glicolico), un materiale biodegradabile e biocompatibile.
Ad esso sono poi state aggiunte le proteine prodotte da cellule staminali umane in coltura, rivestendole poi con la membrana di quelle cardiache. La ricerca è stata riportata su Nature Communications.