Se siete convinti che il cervello cessi di svilupparsi nel periodo successivo all’adolescenza e con l’arrivo dell’età adulta, vi sbagliate di grosso. A confermarlo è stata l'ennesima Ricerca pubblicata sulla rivista Science, condotta da un team di neuroscienziati coordinato da James Gomez. Secondo gli scienziati della Stanford University, infatti, la parte del cervello più propensa alla crescita e allo sviluppo in età adulta sarebbe quella utilizzata nel processo di riconoscimento delle facce.
La ricerca. Questo risultato, particolarmente inatteso anche dagli esperti del campo, è stato raggiunto attraverso l’utilizzo della risonanza magnetica su 22 bambini e 25 adulti dei quali sono stati comparati i tessuti cerebrali e le capacità di riconoscere volti e luoghi.
Dalla risonanza magnetica è risultato evidente che negli adulti fosse più grande l’area della corteccia utilizzata nel riconoscimento delle facce, a differenza dell’area incaricata di riconoscere i luoghi che è rimasta invariata sia negli adulti che nei bambini. A confermare i risultati della precedente ricerca è stata anche l’analisi post mortem effettuata su alcuni cervelli adulti. La crescita, infatti, non può dipendere solo dalla variazione della mielina, guaina biancastra volta all'isolamento e alla protezione degli assoni, ma può dipendere anche dall’aumento del corpo dei neuroni e, nello specifico, delle fibre minori che si ramificano a partire dal neurone, ovvero i dendriti. In passato.
Gli inaspettati risultati della ricerca sono andati in controtendenza alle convinzioni precedenti per le quali lo sviluppo cerebrale era dovuto esclusivamente al pruning, ovvero alla capacità del sistema nervoso di modificare le relazioni interneuronali (sinapsi), di crearne delle nuove e di eliminarne delle altre che risultano ridondanti o inutili.
Fino ad oggi questa capacità era stata riconosciuta solo nei bambini e negli adolescenti, non negli adulti. I risultati della ricerca potrebbero risultare utili per il riconoscimento dei meccanismi che stanno alla base dei disordini dello sviluppo capaci di causare autismo e schizofrenia. In futuro, inoltre, potrebbe essere possibile l’identificazione di bersagli molecolari.