Pubblicati da E. Lemonnier e colleghi, su Translational Psychiatry, i risultati di uno studio di Fase IIb. Bumetanide, un diuretico conosciuto da tempo, ha migliorato i principali sintomi associati ad uno spettro autistico, come deficit sociale e comportamenti stereotipati. Prima di arrivare alla sua approvazione, sarà necessario confermare questi risultati in uno studio clinico di Fase III, già approvato, dove il farmaco verrà somministrato due volte al giorno, al dosaggio di 1 mg.

Uno studio clinico di Fase III e approvazione entro il 2021

La sperimentazione clinica di Fase III è stata già autorizzata dalle autorità europee.

Lo studio verrà eseguito su circa 400 bambini affetti da Autismo, in 5 Paesi europei. Se i risultati dello studio confermeranno quelli dello studio di Fase IIb, il farmaco potrebbe vedere l’approvazione entro la fine del 2021.

Testato su 60 bambini di età compresa tra 3 e 11 anni, affetti da autismo e sindrome di Asperger, la bumetanide ha attenuato i sintomi dell’autismo in circa 45 piccoli pazienti. Come dire, una risposta nel 75% dei casi. Trattandosi di un diuretico, gli unici effetti collaterali sono stati quelli comuni a questa classe di farmaci come ipopotassemia, diuresi, perdita di appetito, disidratazione e astenia. Tutti clinicamente controllabili e reversibili.

Lo studio di Fase IIb appena pubblicato, serviva a stabilire il dosaggio ottimale del farmaco.

Coinvolti 88 pazienti (78 maschi e 10 femmine), di età compresa tra 2 e 18 anni, suddivisi in quattro gruppi a cui sono stati somministrati, per 3 mesi, dosaggi differenti di farmaco (0,5 – 1,0 e 2,0 mg) verso un gruppo di controllo (placebo). Dai 73 pazienti che hanno portato a termine il trattamento, sono emersi indicazioni utili a stabilire il dosaggio ottimale, con un rapporto rischio/beneficio favorevole, che è di 1mg, somministrato due volte al giorno.

Dal punto di vista clinico, il comportamento dei pazienti – come confermato dagli stessi genitori dei ragazzi – è notevolmente migliorato, soprattutto nella comunicazione sociale e negli interessi mostrati. Risultati giudicati sorprendenti dai medici che hanno condotto lo studio.

Autismo, una patologia dai contorni ancora indefiniti

Si tratta di un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da una triade di aspetti: 1) deficit nell'interazione sociale, 2) deficit nella comunicazione, 3) limitati interessi e comportamenti ripetitivi. Probabilmente la malattia si origina già durante lo sviluppo fetale e i primi sintomi appaiono entro i primi due anni di vita, per peggiorare man mano che l’età avanza. Molti studi cercano di individuare le condizioni per contrastare questa patologia.

Una indagine condotta negli Stati Uniti lo scorso anno ha stabilito che oggi nasce un bambino autistico ogni 68 nati, pari a circa 1,5% con una forte prevalenza maschile. Questo dato è ancora più preoccupante se si pensa che è in continuo aumento: in meno di vent’anni si è passati dallo 0,3% all’1,5% di casi certificati.

Ancora oggi non esistono criteri oggettivi o dati ematologici o indagini strumentali che consentono di fare univocamente una diagnosi di autismo. Pertanto, può capitare che lo stesso paziente venga considerato autistico da un medico e non da un altro. Quello che è assolutamente certo è che l’autismo non ha nulla a che fare con i vaccini. Una bufala che è circolato sul web e che ha convinto molti genitori a non vaccinare i propri figli, con il risultato che molte infezioni stanno ritornando alla ribalta.

Uno studio pubblicato il 9 giugno 2015, sulla rivista Molecular Psychiatry, ha evidenziato che i bambini nati da genitori dove o la madre era troppo giovane (adolescente) o il padre aveva un’età superiore a 50 anni, avevano una maggiore probabilità di essere autistici.

Negli ultimi anni si parla con insistenza di un rapporto tra l’uso di pesticidi in agricoltura e l’autismo. Tuttavia, ancora oggi le autorità sanitarie non hanno ancora preso posizione su questo rapporto.