Lo studio appena pubblicato ha svelato un nuovo meccanismo alla base del metabolismo del tessuto adiposo bianco o WAT (White Adipose Tissue), la principale riserva energetica nei mammiferi. Si tratta di un enzima, l’istone deacetilase 3 (o HDAC3) - presente nel nucleo delle cellule e che regola l’espressione di alcuni geni - adibito ad esercitare una forma di controllo di questa via metabolica attraverso un aumento o riduzione del metabolismo ossidativo mitocondriale. In teoria, quindi, un inibitore di HDAC3 potrebbe efficacemente contrastare l’obesità.

Se si potessero bruciare i grassi di troppo…

E’ il sogno di ognuno, soprattutto di coloro che sono predisposti o stanno già vivendo una condizione di sovrappeso o di obesità, poter mangiare senza la preoccupazione di accumulare grassi. Alcuni più fortunati ci riescono, altri meno. Adesso un team di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano, guidati da Maurizio Crestani, con la collaborazione dei colleghi dell’IRCCS Istituto scientifico San Raffaele di Milano, dell’Università di Losanna (Svizzera) e della Vanderbilt University a Nashville Tennessee (Usa), sono giunti alla conclusione che un enzima, l’istone deacetilasi 3 (HDAC3), una delle isoforme HDAC a localizzazione nucleare, può cambiare radicalmente il metabolismo del tessuto adiposo bianco.

Gli autori sostengono che l’HDAC3 rallenta il metabolismo ossidativo dei grassi del tessuto adiposo bianco riducendo la produzione di calore e favorendo un suo accumulo nell’organismo con le conseguenze che tutti ben conosciamo, come l’insorgenza del diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e i tumori.

I risultati di questo studio sono stati pubblicati su Nature Communications e fanno ben sperare in nuovi approcci farmacologici nel contrasto all’obesità.

Infatti un farmaco in grado di bloccare selettivamente l’HDAC3 porterebbe ad un’attivazione, a livello mitocondriale, del metabolismo ossidativo del tessuto adiposo bianco, alla produzione di calore e alla riduzione del peso corporeo.

In questo modo il tessuto adiposo bianco seguirebbe un destino simile a quello del tessuto adiposo bruno che, normalmente, l’organismo utilizza per mantenere la temperatura del corpo costante, bruciandolo quando viene stimolato dal freddo.

Un target biologico noto soprattutto in ambito oncologico

Gli istoni deacetilasi umani sono una classe di enzimi suddivise in diverse classi: I-IV per un totale di 18 isoforme. Alcune di queste sono state ampiamente studiate per varie applicazioni farmacologiche portando a dei farmaci registrati come inibitori di HDAC. Il primo, nel 2006, è stato il Vorinostat seguito dalla Romidepsina nel 2009. E ancora il Belinostat nel 2014 e ultimo, il Panobinostat, nel 2015. Solo in Cina è stato approvato anche il Chidamide. Tutti farmaci prescritti per il trattamento di alcune forme di linfomi e nel mieloma multiplo.

Sono farmaci che si caratterizzano per essere più o meno selettivi verso una o più classi di HDAC o verso loro singole isoforme.

Non esistono ancora farmaci che inibiscono selettivamente l’HDAC3 ma i risultati di questo studio, se venissero confermati, potrebbero portare i ricercatori e le stesse aziende farmaceutiche ad investire su questo target, visto la grande rilevanza sociale dell’obesità e delle patologie ad esse correlate.

Solo pochi mesi fa, su questo giornale avevamo sottolineato come alimenti ricche di fibre come cereali, frutta e verdura hanno un’azione favorevole sul microbioma intestinale. Era stato ipotizzato che l’azione benefica era dovuta alla produzione di acidi grassi a catena corta (acetato, propionato e butirrato) tutti dotati di una blanda azione antinfiammatoria e ad un’attività regolatrice dell’espressione epigenetica. Il target farmacologico di questa attività erano proprio gli istoni deacetilasi. Sembra tutto in accordo.